29 dicembre 2007

Attimi infiniti

Ci sono attimi nella vita di ogni uomo che assumono tutto il sapore dell'Infinito e che traformano una giornata normale in giornate scolpite nell'Eterno che mai nessuno potrò cancellare.

Ed io mi abbevero a quei giorni e a quegli istanti, tutti dentro di me e con me dovunque vada, attimi che mi hanno parlato di Dio, di me, degli altri, del mondo. Ma attimi e sensazioni, emozioni e palpiti del cuore che nessun uomo o nessuna donna potranno mai cancellare, modificare, cambiare, sciupare, in nessun modo. Perchè le cose belle, quelle davvero belle, nessuno ha il potere di toccarle e di infrangerle. Ciò che è bello dura per sempre, il resto è esperienza, disse una volta una mia amica.

Ed attimi dopo attimi la vita si compone di Infiniti, sempre finiti, ma mai conclusi veramente e basta che mi riaffacci su quella finestra che tutto torna magicamente vivo, i protagonisti di quelle vicende seppur fisicamente lontani dei chilometri tornano al mio fianco e la stessa atmosfera entra nella stanza, e sale dentro la stessa adrenalina dell'attesa del giorno successivo quando ancora ore a disposizione avrebbero visto i nostri sguardi incontrarsi e brindare assieme alla Vita.

Così una lode al Creatore, Colui che non ci lascia mai soli, sale dal cuore, dal cuore esce ed il Cielo chiede di raggiungere, passando per ogni stella, salutando la luna splendente di dolce malinconia, attraversando qualche piccola nuovola e giungendo, infine, là dove Giustizia e Pace dividono lo stesso letto e dove Gioia ci guarda e ci assiste in un modo del tutto particolare.

Attimi infiniti nella vita quotidiana che fanno del quotidiano il preludio del tempo Infinito, che tra non molto giungerà.

Attimi infiniti che ancora chiedo, e di ancora più belli, se possibile. Delle cose belle non ci si stanca mai. E di certo ancora, per farmi, stancare, ce ne vogliono. Ce ne vogliono ancora molti, d'istanti infiniti. Tanti quanto l'infinito.

27 dicembre 2007

Libertà

Un giorno un uomo ha abbattuto ogni barriera, per tutti... eppure quante ancora ne rimangono da buttar giù!

Dentro di me, dentro di me, quante barriere! Quanti inganni che seguiamo, quanti discorsi inutili, quante inutili chiacchiere sul niente! Senza arrivare a niente, senza dire niente, senza trasmettere niente se non il vuoto. Vuoto!

Vuoto e desolazione accompagnano a volte le giornate degli uomini. Basta guardarci in faccia, noi e non altri, noi nelle nostre vite quotidiane. Come tanti tanti burattini dietro a cose che ci guidano, senza rendercene conto, dietro a idee che ingannano e che non portano al Bene e nemmeno alla Verità. Noi spesso ingannatori di noi stessi, guide cieche di noi stessi, guide cieche dei nostri vicini, amici e parenti.

Noi, noi nei nostri posti di lavoro, nelle nostre famiglie, nelle serate più disparate e diverse, noi possiamo cambiare qualcosa e portare il Fuoco! Gridare anche noi la stessa parola, gridarla fuori perchè nasce nel profondo e più scava e si isnedia a fondo nel nostro cuore e più la nostra voce è forte e sicura, determinata, eppure flebile e per quanto forte, è allo stesso tempo non potente.

Un giorno un uomo ha gridato per tutti "Libertà!", l'ha chiamata, l'ha invocata, l'ha incarnata, l'ha custodita, la ridonata. Quel grido, profondo, forte, giunge fino a noi e passerà ancora oltre. Oltre di noi, oltre il nostro orizzonte limitato, oltre i nostri giorni, oltre i nostri confini, oltre le nostre case, oltre il nostro spazio conosciuto, oltre l'universo intero. Oltre, al di là del conosciuto e del conoscibile, al di là del sapere e della Sapienza, al di là di ogni confine ipotizzabile, pensabile ed anche di quelli inimmaginabili ed insondabili.

Un uomo un giorno disse "Libertà, libertà per tutti". Il suo discorso più grande fu il Suo silenzio, il Suo sacrificio, la Sua sofferenza, la Sua accettazione. Il suo grido, debole anch'esso, fu "Libertà".



E risuona vivo nelle sale e nei teatri dell'Eterno, là dove quel grido si muove ancora e passa e lascia segni potenti e fa voltare verso di se le orecchie di uomini più disparati e diversi ma attratti assieme e inspiegabilmente da quella Voce e da quel Sussurro. Uomini "importanti", uomini straccioni, uomini contenti e uomini delusi, uomini col biglietto e con le credenziali assieme a coloro che non hanno nemmeno i soldi per assistere all'inassistibile. Ma tutti lì, trasportati da qualcosa di più potente di loro stessi, anelanti ed assetati di quella Parola, la Parola Eterna, la Parola Viva, il Grido Eterno, grido sofferto dell'Eterno Gaudio, grido vicino al cuore dell'uomo, grido lontano dall'arroganza e dall'orgoglio.

Arroganza ed Orgoglio sentirono, ma non voltarono i propri volti e fecero quel che vollero in vita loro e avevano spesso il sorriso sulle labbra ma non goderono affatto di ciò che non desiderarono e che non accolsero: libertà! Non seppero, non conobbero e credettero che non ci fosse altro da sapere e da scoprire se non quello che già sapevano: erano a posto. Così, quando giunsero alle porte del teatro Eterno, sentirono solo da fuori quel grido che avevano risentito talvolta, ma non poterono entrare. Sulla porta d'ingresso si voltarono e vedendo che stavano entrando dei barboni puzzolenti e sdentati dissero "che schifo di posto è questo! Guarda chi fanno passare! Andiamo da un'altra parte vai... questo non è posto per noi!".

E rimasero, come scelsero liberamente di fare, fuori dal Gaudio.

24 dicembre 2007

La partita a poker

Il giorno seguente, quando mi svegliai, la nave aveva attraccato al porto. Sgranocchiai tre biscotti ed ingollai in fretta e furia una piccola sbroscia di caffè freddo, davvero sgradevole, ma la caffeina avrebbe comunque fatto il suo effetto e avrebbe contribuito al mio risveglio. La giornata passò in fretta ma fu molto faticosa: a noi mozzi toccò il bell'incarico di pulire tutto il ponte, le porte, e molte parti della nave costruite in legno. Pulizia e lucidatura. E, siccome sono un mozzo, e non un capitano, queste cose toccano anche a me.

Ben presto giunse la sera, il sole se ne andò a riposare e le stelle apparvero in cielo. Al contrario della sera precendente, non c'era nebbia e la luna splendeva ed addirittura illuminava la terra quasi fosse un lieve sole: faceva davvero comodo quella illuminazione occasionale che di tanto in tanto capitava. Era davvero una bella serata ed una brezza leggera muoveva l'aria rendendola fine e pulita.

« Ted, andiamo a farci una bella partita a poker all'osteria del porto? » mi chiese Jones che nel frattempo era giunto là dove stavo seduto a riposarmi leggendo l'ultimo gazzettino locale che era appena giunto sulla nave.
« Andiamo. Guardiamo di raccattare qualcosa da questa serata! » risposoi alzando la testa e distogliendo la mia attenzione di notizie che apparivano, seppur nuove, sempre uguali e ripetitive, davvero noiose.

L'osteria "da zio Greg", così si chiamava il bar più frequentato dai marinai che arrivavano al porto, non era certo un bel locale ma Greg, il padrone, ci sapeva davvero fare con i clienti e ogni volta che ci eravamo passati ci eravamos empre trovati molto bene e a nostro agio, ben accolti e ben coccolati da chiacchiere e discorsi che intervallavno le nostre bevute. C'erano anche diversi tavoli per giocare a carte e non mancavano le amiche di Greg, pagate da lui per far divertire i clienti. Era il giusto ambiente per una sana serata al porto, niente di particolare, ma tanto per finire a letto col sorriso sulle labbra, o almeno con l'idea di averci provato a far nascere questo sorriso.

« Guarda chi si vede, vecchie ganasce del mare! Come state? E' un po' che non passavate di qua! Dovete venire più spesso, lo sapete che il vostro zio Greg è sempre qui per voi! » disse a gran voce l'oste che se ne stava dietro al bancone. Era il solito buon vecchio Greg!
« Ehi Greg, finalmente. Sempre in forma vedo... e a quanto sembra gli affari vanno bene » disse Jones indicando i molti tavoli in più che erano stati aggiunti dall'ultima volta che avevamo messo piede in quel luogo. « Hai raddoppiato i posti a sedere e anche stasera è tutto pieno... abbiamo fatto fatica a raggiungere il bancone, la gente sembrava non volesse farci bere stasera! » continuò Jones felice di essere giunto finalmente al bancone del bar.
« Stasera il primo giro lo offro io! » esclamò da dietro il bancone Greg. « Non sia mai che andiate a dire in giro che sono uno spilorcio! » continuò ridacchiando.

Nel frattempo avevo notato una donna dai capelli lunghi e ricci che stava seduta sulla gambe di un giocatore di poker ad un tavolo poco più in là. Era davvero bella e se ne stava in compagnia di un uomo vecchio e davvero brutto, scortese e dai modi di fare rudi. Quella davvero non c'incastrava niente con quel barbaro! Aveva degli occhi dolcissimi e mi guardò più volte, cercando i miei occhi e mi lasciò intendere una naturale simpatia, a prima vista.

« Bevete alla mia salute! » disse Greg facendomi tornare alla realtà. Mi ero perso nella contemplazione di quella donna.
« Tieni Ted » mi disse Jones passandomi il boccale di birra stracolmo e straripante.
« Alla salute del buon Greg » esclamai battendo il boccale con quello del mio compagno di viaggio, sulla nave, e nella vita. Erano ormai diversi anni che navigavamo per mari e monti assieme, lui come marinaio ed io come mozzo.

Dopo poche lunghe sorsate, decisi di prendermela con calma con quella birra, altrimenti l'avrei finita subito. Volevo aspettare a fare il secondo giro. La ricciola continuava a fissarmi, tanto che anche Jones se ne accorse e mi sorrise.
« Va a giocare a poker al posto di quello... vedi, si sta alzando » mi disse facendomi cenno col braccio.

L'idea non era affatto male. Potevo sedermi vicino a quella donna e fare qualche mano e vedere, quella sera, che aria tirava con la fortuna, non sempre mia amica. Così mi avvicinai lentamente al tavolo, con la birra in mano, chiesi se potevo unirmi alla partita e, per la gioia di tutti i giocatori, mi sedetti fra loro condividendo le stesse aspirazioni di vittoria e di uscire da quel tugurio con qualche soldo in tasca.

« Benvenuto » mi disse la donna sorridendomi. Ricambiai il sorriso e presi in mano le mie prime tre carte che l'uomo alla mia destra mi aveva appena dato: erano tre donne, mancava solo la donna di cuori, che forse era lì accanto a me seduta sulle gambe di un mio avversario.

« Tris di donne » dissi mostrando le mie carte. Nessuno aveva fatto di meglio. Mi presi le banconote che erano nel mezzo del tavolo fra gli sguardi molto meno contenti di quegli uomini da bar e sorrisi alla giovane donna che non aveva mai smesso di guardarmi e di sorridermi.
« Sei stato baciato dalla foprtuna, straniero » mi disse con una voce suadente.
« Spero non soltanto dalla fortuna » le risposi alludendo a ben altro bacio. Mi stavo giocando la mia partita, e non solo quella con le carte, quanto quella fatta di sguardi e di sorrisi che era iniziata ancora prima che mi sedessi a quel tavolo fra me e la donna dagli occhi dolci.

« Ecco, stasera ci mancava giusto lui » disse l'uomo che era seduto davanti a me e che eraposizionato di fronte all'entrata del bar e che vedeva tutta la sala, compreso il bancone. Io non vedevo che la parete dietro di lui ed un quadro chissà trovato in quale cantina, brutto e vecchio, pieno di polvere. Tutti si voltarono e mirarono verso il bancone. Così mi voltai anche io. E vidi un uomo abbastanza alto, dal corpo esile, vestito con una vecchia divisa da marinaio. Vecchia non perchè fosse sciupata, era praticamente nuova come fattura, ma era un modello vecchio di almeno 30 prima o forse anche più. Aveva la barba lunga ed un cappello. Mi rivoltai verso l'uomo che aveva parlato e lo guardai perplesso.
« E chi è? » chiesi da straniero del posto.
« Chi è? » rispose. E si misero tutti a ridere. « Davvero non lo sai? E' un senza tetto e senza donne, senza niente, secondo me non si ricorda nemmeno di essere un uomo! Ogni tanto viene a bere qualcosa... lo chiamano tutti il cercatore di Verità » mi spiegò ridacchiando e con molta sufficenza e superiorità. Quell'arroganza nel parlare e nel riferirsi al nuovo arrivato proprio non la sopportavo. Mi dava proprio fastidio.
« Ma qual è il suo verno nome? » chiesi ancora.
« Ma che te ne importa ragazzo? Non lo so, di certo non parlo con quel tipo strano che non si sa nemmeno dove dorme. Alcuni dicono che sia pure un ladro e di certo, senza un lavoro in qualche modo dovrà procurarsi di che mangiare. Non è gente per me... » rispose bruscamente. Il tono della sua voce si era alzato ed era diventato più duro, il viso era diventato più scuro e dimostrava che la mia domanda gli aveva dato fastidio.

Dunque il cercatore di Verità anche quella sera aveva incrociato, con la sua, la mia strada. Mi voltai ancora e gli detti un'ultima occhiata, veloce. Poi ripresi la mia postura da gioco e riguardai le mie carte, quasi per studiarle ed escogitare una strategia vincente. Tutti lo guardavano e non mi piaceva affatto fare parte dei curiosi: odiavo quando, al suo posto, trenta occhi mi fissavano contemporaneamente! In quei casi si capisce davvero bene cosa provi un animale in uno zoo... che brutta sensazione!

« Ne cambio tre » dissi per smorzare l'attenzione degli altri e farli ritornare alla partita. Toccava giusto a me. Tutti fecero il loro gioco.
« Doppia coppia all'asso » dissi. Mi fulminarono con lo sguardo tutti e tre i miei oppositori, meno fortunati di me in quella serata.
« Hai vinto ancora. La fortuna si è innamorata di te! » disse, colorando la frase con un gran bel sorriso, quella donna che non smetteva di mostrarsi attratta da me e dal mio modo di fare falsamente disinteressato.
« Sembra di sì » risposi continuando sul doppio binario di quello specie di dialogo iniziato alla mano precedente con lei. « Ma la fortuna è come le donne, a volte viene e a volte va e non la puoi domare in nessun modo. Non ci si può basare sulla fortuna per troppo tempo » continuai.
« Dunque non ci si può fidare per troppo tempo nemmeno di una donna? » chiese incuriosita la ragazza. La guardai negli occhi.
« In abse alla mia esperienza » risposi « ...sì, non ci si può fidare troppo. Perchè, proprio come la fortuna, a volte le donne ti girano le spalle, e chi s'è visto s'è visto, senza preavviso, senza un perchè. E' un po' come il vento, è un discorso strano, un discorso che l'uomo può solo accettare e che non può cambiare » affermai con voce tranquilla. Quella era proprio la mia teoria sull'argomento.

« Giochiamo vai » disse l'uomo che teneva sulla gambe la donna con la quale stavo parlando, forse un po' ingelosito dalle sue attenzioni per me, probabilmente inaspettate e certamente non gradite. « Altro giro, altra corsa » continuò e iniziò a distribuire le carte.

« Questo per me è l'ultimo giro. Non voglio sfidare ancora la sorte visto che stasera mi ha rivolto la sua faccia migliore » dissi in anticipo così da non avere da discutere alla fine di quella terza mano.

Alzai le carte. Avevo un poker d'assi. Accipicchia, cosa stava accadendo quella sera? Mai in vita mia avevo avuto tre mani di fila così belle! Tutti fecero i loro giochi ed io non ne fece alcuno e mi tenni quelle carte che sembravano davvero piovute dal cielo.

« Punto tutto. E' la mia ultima mano » affermai con sicurezza. Tutti pensarono ad un bluff e stettero al mio gioco ridacchiando e sicuri delle proprie intuizioni. « Poker d'assi! » esclamai. Gelai il tavolo e l'intero locale, tutto d'un tratto, si bloccò. Erano parole che si sentono raramente "poker d'assi" e la gente ne rimase sorpresa. Ma non sapevo, da inesperto quale ero, che non era tanto lo stupore per la giocata che aveva bloccato l'attenzione dei più, quanto il fatto che, come accade nelle migliori osterie di tutto il paese, al "poker d'assi" il padrone del bar offre un giro a tutti. Il silenzio improvvisò durò solo un'istante e dun boato ed un fragore incredibile gli rubò velocemente il posto. Tutti saltarono sulle loro sedie e Greg iniziò a distribuire le bevande con sorriso sulla bocca. Era un evento di festa per tutti gli ospiti del locale ma per fortuna per lui, non succedeva tutti i giorni.

Presi i miei soldi, salutai i miei compagni, sorrisi alla donna e raggiunsi Jones che stava poco distante dall'uomo vestito da marinaio che tutti chiamavano il cercatore di Verità.

« Bevi vai, te la sei meritata » esclamò Jones dandomi una pacca sulla spalla e porgendomi con l'altra mano un altro boccale di birra. Posai quello vuoto che mi ero scolato durante la partita a carte e afferrai quello pieno ancora illibato. Tutti mi facevano festa e si congratulavano con me. Tutti mi sorridevano e l'alcool iniziava già a dare i suoi effetti tra la folla.

Mi sentii toccare la spalla destra e mi voltai per vedere chi fosse. In mezzo alla folla poteva essere stato chiunque. « Grazie » mi disse il cercatore di Verità. E quella parola, fra le risa e gli schiamazzi generali, fu una delle poche, assieme ai sorrisi di Jones, che mi sembrò autentica e non detta per dire e non una parola di circostanza. Eravamo fianco a fianco. Sorseggiava il suo boccale e mi guardava. « Figurati, non è certo merito mio, ma delle carte e della fortuna » risposi sorridendogli e toccandogli il braccio per creare con lui un contatto che fosse più intimo anche se quelle erano le prime parole che scambiavamo. « La fortuna non esiste » affermò. « Dio sì » continuò. « Ma se ne sono dimenticati tutti, tutti quanti » concluse. Ingollai quella sorsata con più difficoltà, sorpreso dalla sua risposta secca e decisa, schietta. « Beh, questo è il tuo parere » gli dissi. Non rispose. Ed io non dissi nient'altro. Finimmo ognuno le rispettive bevute ma lui la concluse prima di me. Posò il boccale, mi guardò e mi sorrise. « No, non è un'idea mia. E' la realtà » disse. Mi dette una pacca sulla spalla, sorrise ancora, scese dallo sgabello sul quale era seduto al bancone del bar ed uscì dal locale. Jones mi guardò e mi fece l'occhiolino. Lui l'aveva già rivisto, conosceva già i modi di far del cercatore di Verità. Invece io no. Non lo conoscevo. E ne rimasi piacevolmente colpito.

Rimasi là, con un braccio appoggiato al bancone, tra lo stupito ed il contento, tra la confusione generale che imperversava a suon di bevute in mezzo a tutta la calca. Nessuno si era accorto delle sue parole, del suo passaggio. Ma aveva lasciato un segno, se non negli altri, dentro di me. Un segno di cui ancora non comprendevo la profondità nè la lunghezza. Mi sembrava solo un graffio, un graffio nel cuore. Invece era qualcosa di più. Volevo reincontrare quel tipo strano. Sentivo che aveva qualcosa da dirmi, qualcosa di diverso, qualcosa di importante.

Mi voltai verso il tavolo dove avevo vinto qualche danaro e vidi la donna con la quale avevo scambiato qualche battuta in precedenza che si stava baciando con il pianista che stava, senza vedere i tasti, continuando a suonare una stenta melodia di sottofondo.

Mi avvicinai a lei e la guardai in faccia, attendendo che anch'ella si voltasse verso di me e che mi guardasse negli occhi. Così accadde.
« Vedi, avevo ragione io. Non ci si può fidare delle donne perchè quando sembrano sorriderti, è proprio quello il momento in cui ti tradiscono » affermai con voce tranquilla e col sorriso sulle labbra.

Rimase contraddetta e non disse niente. Non c'era niente da dire. Ma il suo volto parlò e disse che gli dispiaceva e che avevo ragione. Scosse i capelli e se ne andò. Il pianista mi guardò malissimo. « Ma cosa gli hai detto? » mi brontolò arrabbiato mentre cercava di riprendere a suonare quelle tre note che sapeva a memoria per guadagnarsi quel che gli davano. « La Verità » risposi. E me ne andai anche io. Il mio giaciglio mi attendeva. Per quella sera poteva bastare così.

22 dicembre 2007

Una vita non mi basta

Ah quanto vorrei avere 10 vite a disposizione! E sarebbero sempre poche!

In una me ne andrei a giro per il mondo, senza una dimora fissa ma andando di luogo in luogo e tornando ogni tanto là dove sono già passato ma esplorando posti nuovi, persone nuove, usanze nuove, assaporando semrpe emozioni nuove.

In un'altra me ne starei sempre nella mia amata Siena e vivrei e morirei su quelle pietre dure che tanto amo e che tanto riflettono il temperamento di noi senesi, pietre faticose per chi non è abituato al saliscendi delle nostre strade. E godrei di ogni colore e di ogni sapore della mia contrada, assieme a quelli che ci sono, senza guardare a cosa fanno e cosa pensano per arricchire ciò che gli anziani del luogo dove sono nato hanno portato avanti con fatica ma con passione, donando la loro vita, il loro tempo, le loro energie, i propri entusiasmi più intimi.

In un'altra me ne andrei a giro a piedi scalzi proclamando la gloria di Dio, diventando tempio dello Spirito Santo, senza fissa dimora perchè "la mia casa è la terra e il mio tetto il Cielo".

In un'altra ancora lavorerei da mattina a sera e farei carriera a più non posso e sgomiterei e sarei più testa di cazzo che mai per cercare di ottenere ciò che voglio e per guadagnare più soldi possibili. Avrei un mucchio di case e berrei quasi sempre champagne a cena e godrei delle cose più belle e mi contornierei di donne bellissime e sarei a capo di molte aziende.

In un'altra vita vorrei fare il fioraio e gestire una piccola azienda a livello familiare, con una brava moglie e qualche figlio. Vivrei di una vita semplice, in mezzo alle difficoltà quotidiane ma con sacrificio ed umiltà sarei felice delle piccole conquiste di ogni giorno e godrei di quel poco, ma molto, che con le mie energie avrei guadagnato.

In un'altra vorrei fare il barista e servire a tutti un buon drink per la serata, ed ogni sera sarebbe una gran bella serata. Farei stare bene tutti quanti, senza troppe pretese.

Ma in questa vita, che purtroppo è soltanto una ed una sola, dei miei prossimi giorni, che ne farò?

Perchè questa vita, seppur dura, è così bella, che vorrei viverla da ogni punto di vista, cosa impossibile, e vorrei apprezzarne ogni più piccola sfumatora, ogni colore, ogni sapore, ogni odore, ogni musica, e vorrei ascoltare ogni voce ed essere in ogni dove, essere partecipe, divenire, vivere assieme alle realtà più strane e più diverse, almeno apparentemente, fra di loro. Vorrei bere ed essere bevanda, vorrei mangiare ed essere cibo per gli altri, vorrei godere e far godere e riscoprire assieme l'Incanto della Vita, la Gioia dell'Amore e rivegliare dalla morte uomini e donne di molte tribù e nazioni. E sorridere con loro e brindare al nuovo giorno e scoprirsi vivi, di carne, ma non soltanto di carne. Ma anche di carne, perchè la carne è un dono di Dio, ed il nostro Spirito e la nostra carne non sono che un'unica realtà.

21 dicembre 2007

Il cercatore di Verità

Quella notte la luna era leggermente velata e le stelle si vedevano appena in cielo. Quella notte riaffiorarono in me ricordi lontani di amori passati e di donne incontrate, conosciute e perse ma di cui ricordavo ancora il profumo, i gesti, i sorrisi e gli sguardi che chiedevano altri sguardi, che pretendevano attenzione dai miei. E ben presto mi prese nostalgia della terraferma.

Non ero solito parlare con Nostaglia, non la ascoltavo quasi mai ma quella notte Nostalgia mi riparlò della terra ferma e, forse incautamente, la ascoltai. E forse incautamente le detti anche ragione, sebbene soltanto con un sorriso, quando mi disse "ogni marinaio ha bisogno di fermarsi ogni tanto, non si può vivere sempre in mare aperto, come figli di un Dio senza patria". Sì, le sorrisi, ma in verità fu soltanto il preludio ad un sorriso più grande, l'antipasto di una sorpresa ben maggiore.

Quella notte, mentre ormai avevo deciso di tornare in coperta per riposare qualche ora, dopo averne tanto sentito parlare, finalmente lo vidi, o meglio, lo intravidi: scorsi l'ombra di colui che alcuni qui sulla nave ma anche molti al porto chiamano "il cercatore di Verità".

La nave era ormai abbastanza vicina alla riva e quando fummo veramente a poche decine di metri, passò, tra la nebbia, sul pontile di legno, la figura di un uomo alto, dal corpo esile, con un cappello strano in testa, barba lunga ed incolta, baffi e vestito scuro con tutta l'aria da marinaio indaffarato.

« Guarda, stanotte sei un mozzo fortunato! C'è il cercatore di Verità... non lo si vede quasi mai in giro » mi disse Jones che prontamente si era avvicinato a me e guardando verso il pontile allungò il braccio indicando con l'indice della mano destra.

« Lo vedi? E' passato, è stato solo un attimo... chissà dove va a quest'ora tarda » continuò.

Io me ne stavo seduto sul ponte e con la schiena appoggiata al legno della parete di una cabina ed ero troppo rilassato e pensieroso, immerso tra le nuvole della mia mente, per aver avuto la prontezza di vedere quasi l'invisibile. Non mi ero accorto di niente.

Mi alzai e mi avvicinai a Jones cercando con lo sguardo un segnale da decifrare nella nebbia che sembrava sempre più infittirsi. Poggiai le mani sul corrimano e sporsi la testa in avanti, praticamente sull'acqua per guadagnare centimetri di vista.

D'un tratto una fioca luce si fece spazio fra il grigiore generale, poi più forte e poi ancora più forte. Sì, era la luce di una lanterna.

« Se ne va sempre in giro da solo, spesso di notte, con la lanterna in mano ed avanza lentamente tra il buio seguendo la poca luce che ha dinanzi a se. Grazie alla torcia può vedere dove posare il proprio piede ma può riuscire a scorgere soltanto quello. Una volta l'ho fermato, una sera che ero al porto. E mi spiegò questa cosa. Mi disse che camminare con una lampada in mano, quando è buio pesto, è una metafora della vita. Anche nella vita, mi spiegò, si può scorgere soltanto il passo successivo a quello che si è appena percorso » continuò Jones che tutto d'un tratto si fece serio in volto quasi che stesse spiegando formule fisiche o teoremi matematici. In fondo voleva bene a quell'uomo semi-sconosciuto e in quel frangente tale sentimento fu evidente dal suo modo di parlarne. Molto spesso la faccia, l'espressione e la convinzione del parlare rivelano molto di più l'intenzione profonda del cuore di chi parla rispetto alle parole stesse usate: le parole a volte possono ingannare.

« Perchè lo chiamano così? » chiesi incuriosito soprattutto dall'attenzione che il passaggio dell'uomo misterioso aveva suscitato in Jones. E poi, comunque, avevo sentito parlare spesso del "cercatore di Verità", dunque era il momento buono per approfondire il discorso.

« E' un uomo che cerca. Lo conoscono un po' tutti qua, non si è mai capito bene che lavoro faccia, nè cosa cerchi per davvero. Alcuni lo prendono in giro, ma qualcuno che lo conosce un po' meglio racconta di averlo visto protagonista di scene incredibili. Alcuni sono spaventati da lui, ma altri gli vogliono un gran bene. Alla fine trova sempre qualche buon'anima che gli offre anche qualche bevuta al bar del porto... anche se il più delle volte se ne sta in luoghi isolati, lontano dalle chiacchiere e dalle partite a poker. Credo abiti sui monti » rispose col tono di chi vuole concludere il discorso.

Guardai perplesso ancora nella direzione in cui avevo visto la fioca luce della lanterna. Adesso era solo nebbia, fitta e grigia e non si vedeva altro.

Rimasi nella medesima posizione per qualche minuto ancora, attendendo di rivedere ancora quell'uomo o almeno la sua ombra, ma niente, se non il grigiore, apparve ai miei occhi.

« Io vado a dormire Jones. O almeno ci provo » dissi. Jones acconsentì con la testa ma non disse niente. Sembrava pensieroso e lo lasciai con i suoi pensieri. Talvolta i pensieri sono dei buoni compagni, soprattutto quando l'ora si fa tarda e non c'è niente di meglio da fare.

Lasciai il ponte ed andai al mio giaciglio. Quando riapparve Nostalgia le sorrisi ancora, ma stavolta il discorso lo condussi io e fu lei ad ascoltarmi. E quando le dissi che "navigare per mari e monti è bello perchè c'è quel senso di avventura e d'imprevedibilità che rende tutto magico ed attraente" ella non potè che sorridermi. Non seppe cosa rispondermi, e scomparve.

13 dicembre 2007

Sembra sempre di avere tutto sotto controllo

Uno dei miei passatempi preferiti è andare in libreria e girare per gli scaffali e guardare quei volumi scritti da uomini e donne di ogni età e di ogni calibro sociale, ognuno contenente qualcosa dell'autore, qualche dettaglio che ne descrive il carattere, la storia, gli ideali, i desideri.

Passo e di tanto in tanto mi soffermo, a volte mi fermo, ne afferro uno, quando per il titolo quando per il colore della copertina o per l'immagine, lo apro a caso e lascio che l'autore mi stupisca, o mi deluda, in base alla prima frase che leggo.

Se la prima cosa che becco mi suscita dentro qualcosa di interessante, lo sfoglio ancora un po', leggo qualche pezzetto e se l'interesse rimane vivo o se addirittura sale, lo acquisto. Vuol dire per me, che quel libro mi chiama. Dovevo incontrarlo, ha qualcosa da dirmi, qualcosa di importante, qualcosa di utile, qualche Insegnamento da elargire.

Leggere è qualcosa di molto bello. Non che sia il mio principale interesse, ma mi piace la sera, prima di addormentarmi, talvolta, nutrirmi delle parole di qualcuno, rilassarmi, entrare in quel mondo o in quella storia tratteggiata a tinte forti o a tinte deboli, a seconda dei casi.

Per me scrivere, è sempre stato qualcosa di abbastanza personale, talvolta davvero intimo e dunque mi sono sempre chiesto come facciano alcuni uomini a mettere davvero tanto di se stessi in piazza, donarlo a tutti quanti, a volte addirittura a tutta l'umanità, senza riguardi per se stessi. Quando infatti si pone un pezzo del proprio cuore in uno scritto o in un discorso, lo si dà agli altri, lo si fa uscire da noi stessi, non diviene più cosa propria, ormai è andato, non è più tuo e forse non lo è nemmeno mai stato.

Ma come ogni cosa resa pubblica, essa è soggetta al giudizio degli altri. E il giudizio degli altri non è molto spesso dei più teneri, perchè, quasi per indole, l'uomo è tendenzialmente più portato a criticare malevolmente e non oggettivamente, e solo talvolta l'uomo sprona ed incoraggia un suo simile, quasi per la paura che questo possa superarlo, in qualche modo, o a livello sociale, o come simpatie nei confronti dei reciproci conoscenti.

In ciò si dimostra quasi la gara che c'è fra gli uomini, non soltanto nel lavoro ma proprio da un pusto di vista sociale, quasi esistesse e forse di fatto esiste, almeno per gli uomini, una scala d'importanza e di prestigio, di ben accettazione, una schiavitù subdola dell'uomo non da tutti riconosciuta per essere sempre ai primi posti. Del resto questo discorso è di facile comprensione se pensiamo che anche noi desideriamo essere simpatici e ben visti dinanzi agli uomini e che dunque, per progredire socialmente, per farsi un nome, per essere nel giro, compriamo le simpatie degli altri, scartando abilmente le antipatie, e rimaniamo schiavi di questo nostro narcisismo egoistico che alla fine un po' paga e ci consola delle nostre afflizioni.

In realtà, vano è questo modo bambinesco di consolare le nostre amarezze le quali ritornano ad affacciarsi potentemente dentro di noi, e se non cullate e guarite da qualcosa di concreto, rimangono lì in fondo al nostro animo, nel marciume generale facendoci diventare contenitori di morte, anzichè di Vita.

Grandi però sono quegli uomini che, pur rimanendo piccoli, semplici, normali, hanno messo sulle copertine di libri o di ideali, il proprio volto. Costoro hanno fatto un grande servizio a tutta l'umanità. Hanno camminato nella verità di se stessi, senza vergogna, con consapevolezza, con forza.

Ma la loro principale forza è stata l'Amore, dunque una forza diversa, una forza debole rispetto alle forze dei potenti e facilmente attaccabile dagli uomini. A loro va dunque il mio pensiero ed il mio ringraziamento, per quanto hanno dato a tutti noi, per quanto hanno vissuto e faticato sulla propria pelle, per quanto si sono abbassati in vita loro, dentro di loro e fuori di loro, uscendo da quei binari scritti ma che conducevano alla morte ed abbracciando la Vita, incarnandola talmente da renderla visibile, palpabile agli altri, regalandola, praticamente donandosi del tutto agli altri, senza paura o timori per se stessi perchè qualcosa di molto più grande di loro li guidava, li ammaestrava, gli insegnava, li abbeverava, li custodiva in tutti i loro passi.

Giovanni Paolo II (uomo davvero affascinante che avrei voluto conoscere di persona, magari quando era giovane ed in cerca di se stesso), Gandhi, Madre Teresa di Calcutta, Martin Luther King hanno fatto la storia ponendosi al servizio della storia, entrando dentro la storia per cambiarla per sempre di lì in avanti, non per se stessi, ma per gli altri. Questi sono passati alla ribalta, alle cronache dei giornali, ma, per quanto molti uomini ambiscono a finire sulle copertine di un quotidiano, credo che per loro, molto spesso, sia stato un calvario, più che una gioia. Per questo li ammiro tantissimo perchè non si sono nascosti, ma hanno camminato per il Bene prendendo tutto quello che ciò comportava, bene e male, gioie e dolori, senza sconti, ma lo hanno fatto sorridendo, con naturalezza, perchè quella volontà forte e decisa, profonda, di seguire e persegurie il Bene, era divenuta ormai così radicata dentro se stessi da non poter essere smossa da nessuna tempesta, da nessun discorso, da nessun uomo, da nessuna incertezza, da nessun problema, da nessuna ansia nè paura, da nessun terremoto o guerra, di qualsiasi genere.

Quasi fossero incastonati nella Vita, la morte non ha potuto niente contro di loro. Hanno fatto risuonare la propria voce per tutti quelli che non potevano farla suonare, per coloro che per motivi sociali o di altro genere non ne avevano le possibilità materiali.

Per questo li ringrazio e li stimo. Essi hanno servito gli altri in un servizio prezioso, non da tutti.

Credo che i Grandi siano i piccoli, le persone nascoste, quelle che lavorano e che fanno fatica ad arrivare a fine mese.

Ma di fianco alle persone comuni, che hanno un lavoro comune o che neppure ce l'hanno, che hanno famiglie o che non ce l'hanno, di fianco a tutti questi amati dal Cielo e da Dio, ci sono alcune anime che, ponendosi al fianco degli altri, hanno un compito diverso: mettere a servizio degli altri la propria voce, il proprio tempo, la propria mente, il proprio pensiero, i propri doni, perchè anche i più lontani possano sentirsi i più vicini ed avere gli stessi diritti e poter disporre di una vita dignitosa. Che anche avere una vita dignitosa oggi, talvolta, è un vero miracolo.

Essi sono Grandi dunque, non perchè famosi, ma perchè Piccoli seppur spesso in prima pagina, seppur chiacchierati a destra e a sinistra, nei bar come nelle grandi sale dove uomini "importanti" decidono sui destini dell'umanità. Proprio per questa piccolezza e quest'umiltà, piccolezza ed umiltà reali, doti non comuni, essi sono Grandi.

Pensando a loro e ad altre persone meno famose che conosco, ma altrettanto care, che prima di me, senza vergogna, hanno messo il proprio volto ed il proprio nome sulla copertina di qualcosa che hanno scritto, pubblico questo testo senza pretese ma giusto per sfidare me stesso e la mia paura di buttare fuori quel che ho dentro.

Un altro passo, forse piccolo ma per me importante, sulla via della Libertà. Che è una lunga strada da percorrere, senza fretta, tutti i giorni.

O è Natale tutti i giorni o non è Natale mai

Finchè non festeggiamo il Natale tutti i giorni, non lo festeggeremo mai veramente.

Cosa festeggiamo infatti il 25 dicembre?

Le luci e i festoni per le strade?
I prezzi che si alzano per la smania dei regali?
Gli oggetti che riceviamo?
I panettoni e gli spumanti sulle nostre tavole imbandite?
La famiglia che si riunisce?

Sì, anche questo.

Ma c'è una festa più grande, un banchetto di cibi più succulenti di tutti quelli che lautamente ci ingurgitiamo negli stomaci, avidamente. E la tavola è imbandita da un sacco di tempo e viene reimbandita tutti i giorni, d'inverno come d'estate, quando piove e quando c'è il sole.

Chi scopre tale banchetto, non può più smettere di cibarsene
perchè quando ne ha assaggiato un boccone, quando gli viene alle labbra anche una sola piccolissima briciola, essa vale molto di più di tutte le bistecche ben cotte che si possono trovare sulla faccia della terra.

E dunque non c'è più differenza fra martedì e domenica, fra un giorno di festa e un giorno di lavoro. E' sempre Natale.






Infatti, o Gesù nasce dentro di noi ogni giorno, nell'accoglienza della sua grazia, o Gesù non nasce mai dentro di noi. E Gesù fa nuove tutte le cose, fa nuovo ogni giorno, ed ogni giorno è festa, ogni giorno è grazia, ogni giorno è Natale.

8 dicembre 2007

Maria, donna dello Spirito

26Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te". 29A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. 30L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine".

34Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo". 35Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. 36Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: 37nulla è impossibile a Dio". 38Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l'angelo partì da lei. (Lc 1)


Il mistero di Maria. Grande mistero! Lei, donna semplice, di casa, donna inconsapevole del perchè della sua nascita e della sua esistenza, donna che non si sentiva grande nè si riteneva tale: donna come le altre ma avvolta da un mistero diverso dalle altre donne. Maria, donna in ascolto di Dio, donna scelta da Dio. Non perchè compisse opere particolari rispetto agli altri ma semplicemente per un mistero profondo dischiuso nelle profondità di se stessa, là dove era costantemente dedita all'ascolto di Dio, là dove il volto di Dio le si dischiudeva in una luce profonda ma nascosta agli occhi degli uomini. Donna che non capiva nella sua vita cosa davvero profondamente stava accadendo, fatti ed eventi che sarebbero stati importanti per ogni uomo e per ogni donna appartenenti a questo mondo. Donna che più di tutti ha sperimentato il "nulla è impossibile a Dio", donna che ottiene le prove del "tutto è possibile a Dio" da subito, mediante il concepimento della sua cugina Elisabetta. Donna rassicurata dall'angelo di fronte alla sue umane incertezze, donna avvolta dal mistero, parte stessa del mistero incarnato di Dio, donna vissuta nel mistero ed affascinata dal mistero di Dio che sempre, continuamente, le si dipanava davanti agli occhi in modo nuovo, strano, inconsueto, tutto da capire e da comprendere, da meditare e da conservare nel proprio cuore, nel sagrario nascosto dentro di se.

Si saranno accorti i vicini di casa di Maria, si saranno accorti che questa donna, apparentemente normale, era la madre del Salvatore? Mi domando, si saranno accorti, nei giorni in cui l'angelo le apparve e la informò di ciò che sarebbe successo, che quella donna aveva una chiamata di Dio particolare? Sarei davvero curioso di conoscere questi dettagli della sua vita quotidiana, sarei davvero curioso di scoprire se il suo mistero era visibile o tutto nascosto. Certo la sua missione divenne palese quando Gesù iniziò la sua vita pubblica e sbaragliò ogni più rosea aspettativa di santità di qualsiasi vicino e curioso che conoscesse un po' la famiglia di Maria e Giuseppe! :D

Certo è che Maria era donna evangelica ancor prima che il Vangelo stesso esistesse. Ella infatti, pregando in casa sua e ponendosi in ascolto dello Spirito di Dio, già conosceva, quasi fosse scritto nel suo DNA spirituale, il modo gradito a Dio con cui pregare e che Gesù stesso insegnò molti anni dopo.

5Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 6Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. (Mt 6)
Maria conosceva già che Dio non voleva apparenza, ma sostanza, che amava coloro che non compiono opere buone dinanzi agli uomini per farsi vedere o apprezzare. Maria, forse inconsapevolmente, forse per grazia, conosceva già come Dio amava essere amato. Di nascosto, nella propria casa, nel proprio cuore, ovunque. E così già seguiva questo discorso di Gesù, di pregare nella propria stanza chiudendo la porta, prima ancora che fosse uscito dalla bocca di suo figlio Gesù!


Maria in realtà, avendo portato Gesù nel Suo grembo materno, ha incarnato nel senso più vero e alto del termine lo stesso Vangelo, Gesù Cristo, il Salvatore! Pur senza leggere il Vangelo (vista l'impossibilità di questa cosa!), ella ha vissuto il Vangelo, lo ha penetrato, piano piano, nelle Sue Verità più nascoste. Così, come faceva prima della nascita di Gesù, ha seguito lo Spirito di Dio che l'ha guidata attraverso un cambiamento dell'idea di Dio che aveva e che l'ha portata a contemplare così da vicino Dio, come a nessun altra creatura è mai accaduto nè prima, nè dopo di Lei.

Sale dal cuore una lode alla Madre, Maria, nel giorno in cui viene festeggiata col titolo di Immacolata.

4 dicembre 2007

Niente paura!

Quante volte la paura ci domina e comanda le nostre azioni quotidiane?

A guardarsi bene, c'è da avere paura. Ovvero c'è da avere paura della paura che a volte ci assale, senza capire perchè e che non ci fa essere completamente liberi.

Liberi di compiere il bene dinanzi agli altri, senza curarsi del giudizio degli altri, ma compiendo il bene con coraggio e perseveranza, da soli, senza attendere altri input o stimoli esterni.

Liberi di compiere il bene, senza curarsi di compierlo, senza compiacersi nel compierlo, senza misurarlo nè pesarlo e senza aspettarsi niente in cambio perchè sicuri che sarà l'Amore stesso che ci nutrirà e sfamerà la nostra sete d'Amore.

Liberi di compiere il bene, senza vantarsi di compierlo ma compiendolo tranquillamente, quasi che non si possa fare altrimenti perchè dentro di noi sta scritto così.

Liberi, finalmente liberi, liberi di vivere a pieno la via dell'Amore.

Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra

3 dicembre 2007

Non tutto il male vien per nuocere

Spesso è solo e soltanto quando siamo con l'acqua alla gola che si alzano gli occhi al cielo e, credenti o non credenti in un Dio, s'invoca l'aiuto del Cielo.


Quando le nostre energie sono giunte al limite, quando non sembra esserci speranza alcuna che ci dica "va avanti!", quando abbiamo ormai perso tutto quanto c'era da perdere, quando non siamo riusciti a conquistare tutto quel che potevamo, quando abbiamo contato sulle nostre forze e le nostre qualità e siamo schiantati, clamorosamente schiantati dinanzi all'avversario, miseramente.

Quando teniamo ancora stretto quel poco, pochissimo che ci rimane da conservare, al quale siamo estremamente legati quasi fosse la nostra salvezza, quando il fiume ormai in piena delle difficoltà quotidiane ci fa avanzare appena, faticando per spostarsi anche soltanto di un centimetro.

Quando non si sa più dove andare, dove procedere, quando non si hanno più sogni nè mete, quando ogni umana certezza è morta e sepolta, quando non sappiamo proprio dove sbattere il capo...

...forse è allora che s'invoca l'aiuto di Dio, un grido disperato, nel dolore e nell'affanno. E quando quel grido viene accolto, seppur l'acqua ci ricopra ancora fino al collo, i nostri occhi acquistano nuova luce ed abbiamo la forza di rialzarci. E finalmente, con gioia, lasciamo quel sacchetto di stupidi monili perchè capiamo che sono un impedimento per avanzare e liberarsi e per tornare a camminare in terra piana, pieni della Luce di Dio.