24 dicembre 2007

La partita a poker

Il giorno seguente, quando mi svegliai, la nave aveva attraccato al porto. Sgranocchiai tre biscotti ed ingollai in fretta e furia una piccola sbroscia di caffè freddo, davvero sgradevole, ma la caffeina avrebbe comunque fatto il suo effetto e avrebbe contribuito al mio risveglio. La giornata passò in fretta ma fu molto faticosa: a noi mozzi toccò il bell'incarico di pulire tutto il ponte, le porte, e molte parti della nave costruite in legno. Pulizia e lucidatura. E, siccome sono un mozzo, e non un capitano, queste cose toccano anche a me.

Ben presto giunse la sera, il sole se ne andò a riposare e le stelle apparvero in cielo. Al contrario della sera precendente, non c'era nebbia e la luna splendeva ed addirittura illuminava la terra quasi fosse un lieve sole: faceva davvero comodo quella illuminazione occasionale che di tanto in tanto capitava. Era davvero una bella serata ed una brezza leggera muoveva l'aria rendendola fine e pulita.

« Ted, andiamo a farci una bella partita a poker all'osteria del porto? » mi chiese Jones che nel frattempo era giunto là dove stavo seduto a riposarmi leggendo l'ultimo gazzettino locale che era appena giunto sulla nave.
« Andiamo. Guardiamo di raccattare qualcosa da questa serata! » risposoi alzando la testa e distogliendo la mia attenzione di notizie che apparivano, seppur nuove, sempre uguali e ripetitive, davvero noiose.

L'osteria "da zio Greg", così si chiamava il bar più frequentato dai marinai che arrivavano al porto, non era certo un bel locale ma Greg, il padrone, ci sapeva davvero fare con i clienti e ogni volta che ci eravamo passati ci eravamos empre trovati molto bene e a nostro agio, ben accolti e ben coccolati da chiacchiere e discorsi che intervallavno le nostre bevute. C'erano anche diversi tavoli per giocare a carte e non mancavano le amiche di Greg, pagate da lui per far divertire i clienti. Era il giusto ambiente per una sana serata al porto, niente di particolare, ma tanto per finire a letto col sorriso sulle labbra, o almeno con l'idea di averci provato a far nascere questo sorriso.

« Guarda chi si vede, vecchie ganasce del mare! Come state? E' un po' che non passavate di qua! Dovete venire più spesso, lo sapete che il vostro zio Greg è sempre qui per voi! » disse a gran voce l'oste che se ne stava dietro al bancone. Era il solito buon vecchio Greg!
« Ehi Greg, finalmente. Sempre in forma vedo... e a quanto sembra gli affari vanno bene » disse Jones indicando i molti tavoli in più che erano stati aggiunti dall'ultima volta che avevamo messo piede in quel luogo. « Hai raddoppiato i posti a sedere e anche stasera è tutto pieno... abbiamo fatto fatica a raggiungere il bancone, la gente sembrava non volesse farci bere stasera! » continuò Jones felice di essere giunto finalmente al bancone del bar.
« Stasera il primo giro lo offro io! » esclamò da dietro il bancone Greg. « Non sia mai che andiate a dire in giro che sono uno spilorcio! » continuò ridacchiando.

Nel frattempo avevo notato una donna dai capelli lunghi e ricci che stava seduta sulla gambe di un giocatore di poker ad un tavolo poco più in là. Era davvero bella e se ne stava in compagnia di un uomo vecchio e davvero brutto, scortese e dai modi di fare rudi. Quella davvero non c'incastrava niente con quel barbaro! Aveva degli occhi dolcissimi e mi guardò più volte, cercando i miei occhi e mi lasciò intendere una naturale simpatia, a prima vista.

« Bevete alla mia salute! » disse Greg facendomi tornare alla realtà. Mi ero perso nella contemplazione di quella donna.
« Tieni Ted » mi disse Jones passandomi il boccale di birra stracolmo e straripante.
« Alla salute del buon Greg » esclamai battendo il boccale con quello del mio compagno di viaggio, sulla nave, e nella vita. Erano ormai diversi anni che navigavamo per mari e monti assieme, lui come marinaio ed io come mozzo.

Dopo poche lunghe sorsate, decisi di prendermela con calma con quella birra, altrimenti l'avrei finita subito. Volevo aspettare a fare il secondo giro. La ricciola continuava a fissarmi, tanto che anche Jones se ne accorse e mi sorrise.
« Va a giocare a poker al posto di quello... vedi, si sta alzando » mi disse facendomi cenno col braccio.

L'idea non era affatto male. Potevo sedermi vicino a quella donna e fare qualche mano e vedere, quella sera, che aria tirava con la fortuna, non sempre mia amica. Così mi avvicinai lentamente al tavolo, con la birra in mano, chiesi se potevo unirmi alla partita e, per la gioia di tutti i giocatori, mi sedetti fra loro condividendo le stesse aspirazioni di vittoria e di uscire da quel tugurio con qualche soldo in tasca.

« Benvenuto » mi disse la donna sorridendomi. Ricambiai il sorriso e presi in mano le mie prime tre carte che l'uomo alla mia destra mi aveva appena dato: erano tre donne, mancava solo la donna di cuori, che forse era lì accanto a me seduta sulle gambe di un mio avversario.

« Tris di donne » dissi mostrando le mie carte. Nessuno aveva fatto di meglio. Mi presi le banconote che erano nel mezzo del tavolo fra gli sguardi molto meno contenti di quegli uomini da bar e sorrisi alla giovane donna che non aveva mai smesso di guardarmi e di sorridermi.
« Sei stato baciato dalla foprtuna, straniero » mi disse con una voce suadente.
« Spero non soltanto dalla fortuna » le risposi alludendo a ben altro bacio. Mi stavo giocando la mia partita, e non solo quella con le carte, quanto quella fatta di sguardi e di sorrisi che era iniziata ancora prima che mi sedessi a quel tavolo fra me e la donna dagli occhi dolci.

« Ecco, stasera ci mancava giusto lui » disse l'uomo che era seduto davanti a me e che eraposizionato di fronte all'entrata del bar e che vedeva tutta la sala, compreso il bancone. Io non vedevo che la parete dietro di lui ed un quadro chissà trovato in quale cantina, brutto e vecchio, pieno di polvere. Tutti si voltarono e mirarono verso il bancone. Così mi voltai anche io. E vidi un uomo abbastanza alto, dal corpo esile, vestito con una vecchia divisa da marinaio. Vecchia non perchè fosse sciupata, era praticamente nuova come fattura, ma era un modello vecchio di almeno 30 prima o forse anche più. Aveva la barba lunga ed un cappello. Mi rivoltai verso l'uomo che aveva parlato e lo guardai perplesso.
« E chi è? » chiesi da straniero del posto.
« Chi è? » rispose. E si misero tutti a ridere. « Davvero non lo sai? E' un senza tetto e senza donne, senza niente, secondo me non si ricorda nemmeno di essere un uomo! Ogni tanto viene a bere qualcosa... lo chiamano tutti il cercatore di Verità » mi spiegò ridacchiando e con molta sufficenza e superiorità. Quell'arroganza nel parlare e nel riferirsi al nuovo arrivato proprio non la sopportavo. Mi dava proprio fastidio.
« Ma qual è il suo verno nome? » chiesi ancora.
« Ma che te ne importa ragazzo? Non lo so, di certo non parlo con quel tipo strano che non si sa nemmeno dove dorme. Alcuni dicono che sia pure un ladro e di certo, senza un lavoro in qualche modo dovrà procurarsi di che mangiare. Non è gente per me... » rispose bruscamente. Il tono della sua voce si era alzato ed era diventato più duro, il viso era diventato più scuro e dimostrava che la mia domanda gli aveva dato fastidio.

Dunque il cercatore di Verità anche quella sera aveva incrociato, con la sua, la mia strada. Mi voltai ancora e gli detti un'ultima occhiata, veloce. Poi ripresi la mia postura da gioco e riguardai le mie carte, quasi per studiarle ed escogitare una strategia vincente. Tutti lo guardavano e non mi piaceva affatto fare parte dei curiosi: odiavo quando, al suo posto, trenta occhi mi fissavano contemporaneamente! In quei casi si capisce davvero bene cosa provi un animale in uno zoo... che brutta sensazione!

« Ne cambio tre » dissi per smorzare l'attenzione degli altri e farli ritornare alla partita. Toccava giusto a me. Tutti fecero il loro gioco.
« Doppia coppia all'asso » dissi. Mi fulminarono con lo sguardo tutti e tre i miei oppositori, meno fortunati di me in quella serata.
« Hai vinto ancora. La fortuna si è innamorata di te! » disse, colorando la frase con un gran bel sorriso, quella donna che non smetteva di mostrarsi attratta da me e dal mio modo di fare falsamente disinteressato.
« Sembra di sì » risposi continuando sul doppio binario di quello specie di dialogo iniziato alla mano precedente con lei. « Ma la fortuna è come le donne, a volte viene e a volte va e non la puoi domare in nessun modo. Non ci si può basare sulla fortuna per troppo tempo » continuai.
« Dunque non ci si può fidare per troppo tempo nemmeno di una donna? » chiese incuriosita la ragazza. La guardai negli occhi.
« In abse alla mia esperienza » risposi « ...sì, non ci si può fidare troppo. Perchè, proprio come la fortuna, a volte le donne ti girano le spalle, e chi s'è visto s'è visto, senza preavviso, senza un perchè. E' un po' come il vento, è un discorso strano, un discorso che l'uomo può solo accettare e che non può cambiare » affermai con voce tranquilla. Quella era proprio la mia teoria sull'argomento.

« Giochiamo vai » disse l'uomo che teneva sulla gambe la donna con la quale stavo parlando, forse un po' ingelosito dalle sue attenzioni per me, probabilmente inaspettate e certamente non gradite. « Altro giro, altra corsa » continuò e iniziò a distribuire le carte.

« Questo per me è l'ultimo giro. Non voglio sfidare ancora la sorte visto che stasera mi ha rivolto la sua faccia migliore » dissi in anticipo così da non avere da discutere alla fine di quella terza mano.

Alzai le carte. Avevo un poker d'assi. Accipicchia, cosa stava accadendo quella sera? Mai in vita mia avevo avuto tre mani di fila così belle! Tutti fecero i loro giochi ed io non ne fece alcuno e mi tenni quelle carte che sembravano davvero piovute dal cielo.

« Punto tutto. E' la mia ultima mano » affermai con sicurezza. Tutti pensarono ad un bluff e stettero al mio gioco ridacchiando e sicuri delle proprie intuizioni. « Poker d'assi! » esclamai. Gelai il tavolo e l'intero locale, tutto d'un tratto, si bloccò. Erano parole che si sentono raramente "poker d'assi" e la gente ne rimase sorpresa. Ma non sapevo, da inesperto quale ero, che non era tanto lo stupore per la giocata che aveva bloccato l'attenzione dei più, quanto il fatto che, come accade nelle migliori osterie di tutto il paese, al "poker d'assi" il padrone del bar offre un giro a tutti. Il silenzio improvvisò durò solo un'istante e dun boato ed un fragore incredibile gli rubò velocemente il posto. Tutti saltarono sulle loro sedie e Greg iniziò a distribuire le bevande con sorriso sulla bocca. Era un evento di festa per tutti gli ospiti del locale ma per fortuna per lui, non succedeva tutti i giorni.

Presi i miei soldi, salutai i miei compagni, sorrisi alla donna e raggiunsi Jones che stava poco distante dall'uomo vestito da marinaio che tutti chiamavano il cercatore di Verità.

« Bevi vai, te la sei meritata » esclamò Jones dandomi una pacca sulla spalla e porgendomi con l'altra mano un altro boccale di birra. Posai quello vuoto che mi ero scolato durante la partita a carte e afferrai quello pieno ancora illibato. Tutti mi facevano festa e si congratulavano con me. Tutti mi sorridevano e l'alcool iniziava già a dare i suoi effetti tra la folla.

Mi sentii toccare la spalla destra e mi voltai per vedere chi fosse. In mezzo alla folla poteva essere stato chiunque. « Grazie » mi disse il cercatore di Verità. E quella parola, fra le risa e gli schiamazzi generali, fu una delle poche, assieme ai sorrisi di Jones, che mi sembrò autentica e non detta per dire e non una parola di circostanza. Eravamo fianco a fianco. Sorseggiava il suo boccale e mi guardava. « Figurati, non è certo merito mio, ma delle carte e della fortuna » risposi sorridendogli e toccandogli il braccio per creare con lui un contatto che fosse più intimo anche se quelle erano le prime parole che scambiavamo. « La fortuna non esiste » affermò. « Dio sì » continuò. « Ma se ne sono dimenticati tutti, tutti quanti » concluse. Ingollai quella sorsata con più difficoltà, sorpreso dalla sua risposta secca e decisa, schietta. « Beh, questo è il tuo parere » gli dissi. Non rispose. Ed io non dissi nient'altro. Finimmo ognuno le rispettive bevute ma lui la concluse prima di me. Posò il boccale, mi guardò e mi sorrise. « No, non è un'idea mia. E' la realtà » disse. Mi dette una pacca sulla spalla, sorrise ancora, scese dallo sgabello sul quale era seduto al bancone del bar ed uscì dal locale. Jones mi guardò e mi fece l'occhiolino. Lui l'aveva già rivisto, conosceva già i modi di far del cercatore di Verità. Invece io no. Non lo conoscevo. E ne rimasi piacevolmente colpito.

Rimasi là, con un braccio appoggiato al bancone, tra lo stupito ed il contento, tra la confusione generale che imperversava a suon di bevute in mezzo a tutta la calca. Nessuno si era accorto delle sue parole, del suo passaggio. Ma aveva lasciato un segno, se non negli altri, dentro di me. Un segno di cui ancora non comprendevo la profondità nè la lunghezza. Mi sembrava solo un graffio, un graffio nel cuore. Invece era qualcosa di più. Volevo reincontrare quel tipo strano. Sentivo che aveva qualcosa da dirmi, qualcosa di diverso, qualcosa di importante.

Mi voltai verso il tavolo dove avevo vinto qualche danaro e vidi la donna con la quale avevo scambiato qualche battuta in precedenza che si stava baciando con il pianista che stava, senza vedere i tasti, continuando a suonare una stenta melodia di sottofondo.

Mi avvicinai a lei e la guardai in faccia, attendendo che anch'ella si voltasse verso di me e che mi guardasse negli occhi. Così accadde.
« Vedi, avevo ragione io. Non ci si può fidare delle donne perchè quando sembrano sorriderti, è proprio quello il momento in cui ti tradiscono » affermai con voce tranquilla e col sorriso sulle labbra.

Rimase contraddetta e non disse niente. Non c'era niente da dire. Ma il suo volto parlò e disse che gli dispiaceva e che avevo ragione. Scosse i capelli e se ne andò. Il pianista mi guardò malissimo. « Ma cosa gli hai detto? » mi brontolò arrabbiato mentre cercava di riprendere a suonare quelle tre note che sapeva a memoria per guadagnarsi quel che gli davano. « La Verità » risposi. E me ne andai anche io. Il mio giaciglio mi attendeva. Per quella sera poteva bastare così.

5 commenti:

  1. un bel passo di un diario di bordo che imparo pian piano a conoscere... non bisognerebbe lasciarsi incantare da facili "luccichii" ma fermarsi e sentire le nostre percezioni e il nostro credere...
    Un abbraccio
    Dona

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  2. @dona: sì dona... però quanto attraggono i facili luccichii! Però... il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi e così anche i luccichii alla fine si risolvono in un niente e li scopriamo! Un abbraccio grande!

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  3. Un cercatore della verità... che va "oltre"... che non guarda alle apparenze ma continua a raccontare quello in cui crede.. con le sue parole.. con i suoi gesti e con la sua vita che "affascina" alcuni e provoca disprezzo in altri... la verità è qualcosa che talora spaventa e talora incuriosisce... se solo più spesso non ci soffermassimo sulle banalità e cominciassimo questo cammino nuovo di cercatori della verità...

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  4. @demi4jesus: non sarebbe forse libertà vedere le cose e le persone andando oltre alla apparenze, al vestito, al sorriso, alle parole e alle chiacchiere? Non sarebbe forse libertà, vera libertà, non sarebbe Gioia grande e Vita per il cuore? Si aprirebbero strade nuove ed esploderemmo dalla Gioia invece di rimanere intrappolati nelle trappole del giudizio e della divisione secondo gli abiti, i soldi e l'importanza nella società. Bisogna rinascere dall'alto! ;)

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  5. Già... bisogna "nascere di nuovo"...

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