31 agosto 2010

Adesso tocca a te! Tutto il resto vien da sè...

Pennarelli da lavagna - Foto tratta da FotoImmaginiGratis.com

Ero giunto in quel villaggio non da troppo tempo, ma già mi trovavo bene. A volte mi sentivo a casa più lì, che nella mia terra. Ed un po' mi rattristava anche questo fatto, ma non ci pensavo troppo: o meglio, tentavo, di non pensarci.

Mi trattenevo sempre a lezione volentieri, era un bel sentire perchè quel maestro custodiva prima dentro di se le parole che diceva e le concedeva ai suoi allievi volentieri, ma solo a tempo debito perchè sapeva farle lievitare bene, perchè fossero sgranocchianti e saporite, per nutrire i suoi giovani allievi.

Ed un giorno il mio amico maestro, mi trattenne un attimo dopo la consueta lezione. Prese il pennarello ed iniziò a scrivere una fomula mentre a parole spiegava i concetti legati a quel costrutto scientifico. Non scrisse solo una formula grossa quanto mezza lavagna, ma iniziò anche a dimostrarla. Passaggio dopo passaggio, le deduzioni logiche si concatenavano l'una dietro all'altra per raggiungere lo scopo e l'idea guida che egli aveva fin dalla partenza nella sua testa e che io certo non potevo conoscere. Dopo un quarto d'ora concluse scrivendo un CVD (come volevasi dimostrare) in basso a destra della lavagna: la lavagna era ormai completamente piena di scritte, scrittine ed appunti, freccie e segni vari.

Mi chiese "Hai capito quel che ho spiegato?". Risposi di sì. "Sei sicuro?" continuò - "Certo" risposi io, ho seguito tutti i passaggi. Ho capito".

"Bene" riprese, e mi portò fuori dalla stanza. Prese un arco ed iniziò a scagliare freccie contro un obiettivo posto ad una cinquantina di metri. Lo colpiva sempre, a volte non proprio nel centro pieno, ma riusciva a colpirlo con buona sicurezza. Mi spiegò tutte le tecniche, come tendere l'arco, come tirare la corda verso di se prima di lasciare il colpo e di far partire il dardo, come prendere la mira, come respirare mentre partiva la freccia.

Mi chiese "Hai capito come si tira con l'arco?" sorridendomi. "Sì. Ho capito" risposi. "Bene, allora adesso tocca a te!" mi disse sorridendo.

Poi si allontanò con calma e non si girò mai verso di me. Il giorno dopo il maestro non si presentò più alle lezioni. Anche il giorno successivo, non si presentò. Ed ancora per diversi giorni, del maestro non si seppre niente finchè un pomeriggio di sole caldo, venne il preside ad informarci che il maestro, amato dalla maggior parte degli alunni, non era più fra noi e non avrebbe più potuto fare lezione. E mi prese, quel pomeriggio una grande tristezza ma non mi capacitavo di come non avrei più potuto parlare con lui perchè lo sentivo ancora vivo, dentro di me, nelle mie mani, nelle mie gambe, nei gesti quotidiani che mi aveva insegnato a vedere con occhi diversi.

Allora presi l'arco e provai anch'io a scagliare le mie freccie. Ma non presi mai il bersaglio. Dopo un po' mi stancai e smisi e corsi nell'aula e trovai la lavagna pulita. Non c'era più traccia delle formule e delle dimostrazioni del maestro. Scrissi il formulone ed inizia a cercare di dimostrarlo, come aveva fatto il maestro qualche giorno prima, ma non ricordai tutti i passaggi e le logiche deduzioni del maestro, che conducevano alla soluzione, non mi portarono a quanto sperato e non arrivai mai a dire CVD (come volevasi dimostrare).

Così, mi sedetti, stanco e rattristato. In quell'istante giunse un soffio di Vento e mi disse "Hai capito?" ed io a voce alta risposi "Cosa? Non ho capito niente!". Ma ancora un soffio di Vento, più forte del precedente, non mi permise di riabbassare tristemente la faccia ancora una volta. "Hai capito?" insistette.

In quell'istante capii! Ogni giorno è come se si riniziasse da capo e non sempre, quel che torna per filo e per segno oggi, tornerà per filo e per segno anche domani: ogni giorno dovrai ridimostrare le stesse formule, scoprire nuovi insegnamenti, sederti ancora al banco degli allievi. Capire non vuol dire "riuscire a seguire un ragionamento": capire vuol dire "essere divenuto autonomamente in grado di dimostrare un ragionamento, seguendo deduzioni logiche che portano ad una meta". "Essere capace di realizzare qualcosa" vuol dire aver capito davvero qualcosa.

"Allora ancora non ho capito", mi dissi. "Esatto!" rispose ancora il Vento. "Rendi realizzabile ed allora avrai effettivamente capito e potrai condurre qualcuno alla lavagna, come ho fatto io con te, per spiegargli le cose che potrai spiegargli, quello che avrai effettivamente capito, ovvero realizzato. Io ho finito, ora tocca a te!" concluse.

E da quel momento il Vento fu assente ed un caldo quasi torrido inondò quel pomeriggio. Come fare per imparare davvero, questo non l'aveva detto, e così come il maestro mi aveva stupito in vita, mi aveva stupito altrettanto dopo che tutti lo davano per morto. Se ne era andato con la lavagna vuota, senza lasciarmi spiegazioni dettagliate su tutti i passaggi, ma aveva lasciato lavagna e pennarelli pronti per essere usati e per essere imbrattata e strausata con tutti i segni possibili che mi fossero saltati in mente, fin quando non avessi trovato tutte le deduzioni logiche che conducevano alla dimostrazione esatta di quella formula. Non avevo una guida su come si scagliano le freccie, ma il suo arco e molti dei suoi dardi erano rimasti lì, incustoditi. Fu allora che decisi di raccoglierli, di nascosto, e di portarli nella mia stanza.

E fu così che divenni un matematico, ed un guerriero. Da solo, provando e riprovando, proprio come aveva fatto lui da giovane, senza maestri, col suono ormai solo del Vento, che suggeriva. Non sapevo ancora quello ch sarai diventato, quello che effettivamnte avrei fatto, dove in reltà quel Vento mi vrbb condotto. Ero ancora giovane.

Da un testo dell'esploratore Bakug

4 commenti:

  1. Bello. complimenti per la scelta. Credo che trasferire ad altri le nostre conoscenze è un po' come trasferire un po' di noi. Così continuiamo in parte a vivere anche dopo la nostra morte.

    Un saluto

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  2. @Il Blog di Mimmo Guarino: eh sì è vero. Anche se in realtà, mi sembra sempre una visione molto utopica... nel senso, per non morire davvero, sai quante cose dovremmo "trasferire"?? :) Solo i grandi davvero non vengono mai dimenticati dalla gente, però in realtà, non credo nemmeno che conti troppo anche quello, anche perchè sennò tutta la povera gente normale che deve fare, non ha nessuna speranza? :)

    In realtà ritengo che, chi non vuole morire, deve entrare nella Vita! :) E allora anche se nessuno si ricorderà di lui... qualcuno che conta un po' di più di tutti, se ne ricorderà ;)

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  3. @Lorenzo
    Capisco. Credo che tu ti riferisca a Dio.

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  4. @Il blog di Mimmo Guarino: sì, esatto! :)

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