13 febbraio 2020

Che gran casino questi appunti sparsi, senza un ordine. E ora che faccio?

Non so dove sono stato con te
Ed accadde esattamente così.



Avete presente quando stai camminando per strada, in autunno quasi inverno, hai la sciarpa ed il cappello perché fa anche abbastanza freddo e hai un passo svogliato, una camminata stanca e lenta senza decisione nei passi su dove andare veramente.

Niente in te traspira decisione: ne i pensieri, ne la direzione da prendere, ne il modo di affrontarla.

Distrattamente passi tra la gente, gente reciprocamente indifferente - tu a loro e loro a tu (quindi siete pari, nessuna recriminazione su questo). Distrattamente insomma, passi fra quella solitudine della gente che incontri per strada, annoiato.

Cammini, portando con te tutti gli appunti presi da una vita, sconosciuti praticamente a tutti perché quando li hai mostrati a chi ti stava vicino, o si è mostrato disinteressato o addirittura ti ha deriso, schernito, ferito, infamato, distrutto - proprio loro. "Ancora a queste cazzate pensi?"

E poi arriva una ventata forte, inaspettata, improvvisa, indesiderabile, dolorosa, beffarda, troppo vera perché sia reale.

Ti tieni il cappello con una mano e ti stringi intorno alla sciarpa, che ti abbraccia. Ma hai sottovalutato la forza del vento, ti soffermi nel camminare, le foglie che ti avvolgono e stringi gli occhi e chiudi la bocca per non mangiare altra polvere e sporcizia raccattata per strada.

E fiuuuu soffia ancora il vento. E i tuoi appunti, belli, ordinati, precisi, la tua stessa forza trascritta su carta in serate e momenti più disparati improvvisamente "prendono il vento" e volano via dalle tue mani. E finiscono in strada, per terra, tra le foglie - essi stessi foglie di un albero invisibile ma sotto le cui fronde alcuni si sono soffermati, di tanto in tanto.

E un tizio li calpesta, distrattamente, senza volere, guardandomi male "ma che fai?" - che gli sto facendo perdere tempo, il suo preziosissimo tempo delle sue preziosissime e impegnatissime giornate. Piene di niente, ma senza una spazio per qualcosa.

Tutti i miei appunti sparsi, senza un ordine preciso, tutte quelle trascrizioni, riflessioni, note e pensieri che ero sicuro essere preziosi e utili a qualcuno... tutto da rifare, tutto disperso. E sentirsi in pochi attimi, come l'acqua che "a dispersione" finisce nei campi - nessuno se la beve più e solo l'erba di quei posti l'accolgono, per non poter fare altro.

Sentirsi persi, perduto, dispersi... come quei fogli sul marciapiede di una strada trafficata di gente indifferente ai tuoi stati d'animo, ai tuoi malumori, alle tue difficoltà, ai tuoi fallimenti. Che gran casino, che grosso disastro.

Sentirsi soli, col vuoto nella pancia - anche se la pancia è piena - col groppo in gola per quello che è accaduto e che non doveva succedere. E ora dover per forza rimettere a posto tutti quei fogli sparsi, unica cosa rimasta forse del tempo passato. Le gambe che tremano, la voglia di piangere, il freddo che rimane anche se il vento passa.

E ora che faccio?

E raccogli i fogli, in fretta e furia, guardandoti intorno per capire se qualcuno possa aver notato quel che ti è passato per la testa - che non è bello, meglio se non lo scorge nessuno. Tutto mischiato chiaramente, qualche foglio forse disperso e irrecuperabile. Li ordinerò con calma. Adesso meglio se mi rimetto in piedi, ed in qualche modo cammino. Che ormai il danno è fatto. Che non ho più nemmeno parole con me da dire, che non trovo più nemmeno parole da ascoltare, che non ho più parole che riesco a sentire.

E ora che faccio?


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