Sarebbe uno spreco - certo per qualcuno
Ma se hai avuto un'idea, che a te sembra davvero buona, realizzala!
Chi ha tempo non aspetti tempo.
La nave avanza in due casi.
Quando lo scenario davanti a se é sempre diverso attimo dopo attimo o quando lo scenario davanti a se é sempre uguale settimana dopo settimana.
Non avanza quando é appoggiata alla terra ferma, condizione di riposo per una nave che certo non é fatta per starsene appoggiata ad una banchina di un porto, per sempre.
Bensí una nave é stata concepita per solcare i mari e forse gli oceani. Portare le persone su di se, lasciare che essi contemplino paesaggi dal pontile o dai finestrini, far sentire la dolce brezza del vento del mare, col sole lieve, che ogni angoscia placa e lo spirito ritempra.
scritto il 14 aprile 2013
“Il pensiero del filosofo spagnolo Josè Marina coincide perfettamente con l’idea che ha Guardiola sul lavoro: “Il talento non è un dono (una cosa) ma un processo (un apprendimento), e non sta all’inizio, ma al termine della formazione e dell’allenamento.”
Pensa Pep: «ciò che non si allena, si dimentica».
Proprio per questo, alla base del rendimento c’è l’allenamento e il lavoro. Non tanto dal punto di vista quantitativo, ma da quello qualitativo.
L’allenatore trasmette l’idea attraverso le parole, ma il giocatore lo assimila mediante la pratica reiterata, diretta e corretta: «i giocatori vengono convinti dei concetti tattici allenandosi. Se si apprende un concetto tattico si apprende giocando, perché il gioco è l’unica cosa reale».
Non si tratta di ripetere meccanicamente delle azioni, ma di comprendere il perché di quelle azioni: «l’allenamento consiste nel fatto che i giocatori prendano delle decisioni», dice Guardiola.
E non basta dirlo e allenarlo, va vissuto come esperienza: «per apprendere, devi provare, non basta che te lo dicano. Per correggere davvero un difetto importante, devi averne sofferto le conseguenze». L’errore e la sconfitta sono grandi stimoli per la correzione e lo sviluppo di un concetto.”
[Da “Pep Guardiola, la metamorfosis” di Martì Perarnau]