“Il pensiero del filosofo spagnolo Josè Marina coincide perfettamente con l’idea che ha Guardiola sul lavoro: “Il talento non è un dono (una cosa) ma un processo (un apprendimento), e non sta all’inizio, ma al termine della formazione e dell’allenamento.”
Pensa Pep: «ciò che non si allena, si dimentica».
Proprio per questo, alla base del rendimento c’è l’allenamento e il lavoro. Non tanto dal punto di vista quantitativo, ma da quello qualitativo.
L’allenatore trasmette l’idea attraverso le parole, ma il giocatore lo assimila mediante la pratica reiterata, diretta e corretta: «i giocatori vengono convinti dei concetti tattici allenandosi. Se si apprende un concetto tattico si apprende giocando, perché il gioco è l’unica cosa reale».
Non si tratta di ripetere meccanicamente delle azioni, ma di comprendere il perché di quelle azioni: «l’allenamento consiste nel fatto che i giocatori prendano delle decisioni», dice Guardiola.
E non basta dirlo e allenarlo, va vissuto come esperienza: «per apprendere, devi provare, non basta che te lo dicano. Per correggere davvero un difetto importante, devi averne sofferto le conseguenze». L’errore e la sconfitta sono grandi stimoli per la correzione e lo sviluppo di un concetto.”
[Da “Pep Guardiola, la metamorfosis” di Martì Perarnau]
Ultimamente, il lodevole concetto, gli deve essere sfuggito di mano..
RispondiEliminaAhahahaha eh ma mica sempre si puó vincere... dopo tante vittorie si starà confrontando con qualche sconfitta, che non intacca tutto quello che sportivamente e umanamente ha fatto nel suo mondo.
Elimina..però anche a non scrivere post si rischia di perdere la mano.. ;)
RispondiEliminaormai persa si si :)
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