8 giugno 2008

Infinito

Leopardi non mi è mai piaciuto molto quando lo studiavamo a scuola. Soprattutto quando arrivammo a parlare della teoria del pessimismo cosmico mi faceva un po' ridere e un po' mi intristiva.

Non capivo perchè dovevamo imparare la vita e gli scritti di un uomo che, anzichè accogliere la speranza e anzichè dare qualcosa di positivo attorno a se, si era talmente chiuso in se stesso da arrivare addirittura a concepire l'idea del "pessimismo cosmico".

A dire la verità la letteratura mi ha davvero affascinato poche volte. Questi poeti tristi che si rifugiavano nei loro scritti, i quali poi noi dovevamo pure studiare, proprio non li concepivo. E poi quando dovevamo analizzare le rime e altre strutture mi chiedevo proprio "ma secondo questi critici, quella persona, quando ha scritto, ha davvero tenuto in considerazione tutte queste strutture per esprimere quel che sentiva? Mah, se ha fatto cosi questi poeti sono proprio dei malati!"

Però oggi mi è sovvenuto il pensier dell'Eterno. E mi è giunta alla memoria la poesia del Leopardi, che poi non è solo sua ma di molti. In molti, credo abbiano avuto pensieri simili al suo, che poi lui ha messo sulla carta, rendendo tal pensiero, eterno.Stamani, al veder il sole che batteva sulle pareti dei palazzi accanto a quello dove risiedo adesso, mi sono ricordato dei tanti pomeriggi estivi dei quali ho avuto la fortuna di godere da piccolo, giocando e divertendomi a più non posso. Che grande fortuna che ho avuto!

E mi è sorto il pensiero dell'eterno, il quale è sempre. Sempre è battuto il sole, sempre è piovuto, nevicato, sempre c'è stato vento, più o meno.

Ma il nostro egocentrismo non ci lascia apprezzare questo. La nostra attenzione si rivolge su noi stessi, sul tempo che passa, sulla nostra crescita e conseguente ed inevitabile vecchiaia. Difficilmente ci accorgiamo di quel c'è attorno a noi, di chi c'è attorno a noi, talmente siamo incentrati su di noi. E siamo contenti se le cose vanno bene a noi e siamo scontenti se non ci va bene quel che vorremmo. E forse è normale che sia cosi. E forse no.


3 commenti:

  1. Come amante della poesia, della letteratura e di Leopardi in particolare, direi che no, questi poeti, quando scrivevano, non avrebbero voluto che si analizzasse così tanto la forma da perdere il significato, come spesso avviene. La poesia non bisogna studiarla, bisogna viverla. Studiarla come la fanno studiare a scuola, vivisezionarla, è inutile e stupido. Questo sì che fa ridere, altro che il pessimismo cosmico. Quello, penso che possa suscitare tante reazioni... ma il riso? E' la prima volta che sento una cosa del genere.
    A me, Leopardi non intristisce nè mi fa ridere: mi fa riflettere; mi fa piangere; mi ci ritrovo. Ma queste sono faccende personali.
    Comunque, se la poesia l'hai conosciuta studiandola a scuola, ci credo che non ti entusiasma! Dovresti provare a leggere qualcosa per conto tuo, a rifletterci, a considerare la tua vita, a partire dai tuoi sentimenti per comprendere i versi... e tutto cambia.

    P.S.:Scusa se mi sono dilungata^^ ma è un argomento che mi sta particolaremnte a cuore.

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  2. Condivido il pensiero di Lucrezia... io, personalmente, credo di non essermi mai affascinata alle poesie ai tempi della scuola... tutto è nato da un periodo negativo della mia vita... è da allora che faccio miei le poesie...e ne riesco a comprendere meglio il significato!
    Ovviamente tutto è soggettivo!

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  3. Le poesie non mi sono mai piaciute particolarmente. Preferisco la prosa. A volte le poesie sono troppo strane... certo non nego che alcune creino e descrivano delle bellissime immagini.

    Adesso non mi metterei mai a leggere Leopardi la sera quando sono stanco :) non ce la farei proprio!

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