15 luglio 2008

Ciucciando una susina

E ciucciando una susina e correndo, stasera mi si è riposta dinanzi una domanda che da tempo bussa. Perchè la Vita andando avanti, ti mette con le spalle al muro e quella strada larga nella quale correvi a 16 anni, spensierato, diviene sempre più stretta e piena di biforcazioni.

E se la domanda era "cosa farai della tua vita, cosa farai dei tuoi giorni?", domanda che da tempo risuona dentro di me, adesso la questione si è improvvisamente, inaspettatamente e involontariamente spostata, migrando quasi avesse vita propria, e trasformandosi in

A chi ti donerai?

Il che pone il tutto sotto un altro e nuovo punto di vista. La prima domanda è infatti ancora una domanda che faccio a me stesso, rivolto a me stesso, su come spenderò qualcosa che ho da spendere: il mio tempo, le mie energie, i miei sforzi. Ma la seconda domanda, simile ma diversa dalla prima, implica la dimensione del dono.

Sebbene un uomo possa credere o meno in Dio, certo nessuno può negare che la vita sia un dono: un dono dei genitori soltanto per un non-credente in Dio, un dono dei genitori e di Dio ancor prima per un credente. E dunque, se questo impasto di carne ma ripieno di Vita è stato messo alla luce senza che egli stesso lo chiedesse a nessuno, quel che si ritrova addosso è senza dubbio un dono, una possibilità, una sfida, un brivido che corre lungo la schiena senza capirne il perchè ed il per come. Ed essendo il tempo a disposizione un dono, noi stessi acquisiamo valore e siamo Appagati, Vivi, Contenti e Soddisfatti solo quando Viviamo ed entriamo nella dimensione del dono e del donarsi. E siamo semplicemente come un filtro che fa passare Vita, che riceve e che ridona. E che ridona allo stesso modo di come riceve.

E se dunque la vita è un dono, trova compimento essa stessa soltanto nel dono. Ed il donarsi implica un ricevente del dono. Nessuno dona qualcosa se non c'è un ricevente e, nella peggiore delle ipotesi, possiamo essere noi i riceventi del nostro dono (si dice infatti "mi sono fatto un regalo").

Da tempo la prima domanda mi ha interpellato ed ho dovuto, mio malgrado, trovare una risposta adeguata, che almeno facesse zittire un po' quella richiesta di spiegazioni. La risposta era di amare attimo per attimo, istante per istante, ovunque mi trovassi e con chiunque mi trovassi. Amare le persone che si incontrano per strada, nello sport, a lavoro, dovunque andassi. E sebbene non possa dire di essere sempre riuscito in questo alto traguardo, forse davvero troppo alto perchè venga mai raggiunto da qualcuno, sono convinto che sia la strada giusta da percorrere, o almeno da provare a percorrere. E' affascinante e soprattutto mi piace. Sì mi piace. Sebbene talvolta sia faticoso, molto faticoso, ho visto che porta i suoi frutti. Sempre frutti piccoli, spesso non visibili, non appariscenti, non eclatanti, non frutti da masse e popoli, ma frutti che danno senso al tempo, al mio tempo che passa, al tempo vissuto, speso, gettato, donato, tempo tiranno, tempo ingannatore.

Sebbene appunto questa sia da anni la mia risposta a quella richiesta, e seppur manterrò o cercherò di mantenere questo discorso, esso è certamente solo una parte del discorso: un discorso che chiede e sente egli stesso la necessità di essere ampliato, espanso, dilatato perchè non basta più a se stesso.  

Sebbene fosse la risposta, ed è la risposta, e sarà la risposta, non basta.

E' proprio necessario avere un appuntamento. E' necessario donarsi a qualcuno. E' necessario donare anche le proprie sofferenze: le sofferenze donate acquistano tutto un altro significato e donano un nuovo senso alla vita. Le sofferenze accatastate lì, come un grosso fardello da portarsi dietro, ed ognuno di noi ha questo fardello attaccato, chi più chi meno, sono un peso talvolta schiacciante che annienta l'uomo nelle sua sostanza e nella sua essenza più profonda tanto da renderlo ciò che in realtà egli non è, tanto da renderlo addirittura l'opposto di quel che egli sarebbe ed in realtà è.

Per esempio c'è una differenza abissale tra il superare le difficoltà con un obiettivo, o il doverle affrontare senza un obiettivo preciso. Mentre il primo, dopo aver sofferto, sorriderà perchè ha resistito per qualcosa di preciso, il secondo, non avendo niente da raggiungere, sarà stanco di faticare senza capirne il perchè e nonostante possa anch'egli arrivare in fondo, si sentirà spaesato e stanco. Il primo oltre a sorridere, avrà ancora altre energie da spendere. Per esempio se un uomo "combatte" e cresce ed affronta la vita per assicurare ad un figlio e ad una moglie un certo tenore di vita e la possibilità concreta di crescere sano e con le possibilità economiche necessarie per divenire a sua volta un uomo, esso agendo così ha donato la sua vita, i suoi combattimenti e le sue sofferenze per una buona causa. Anche se certamente sentirà la fatica del viaggio e dovrà affrontare una serie innumerevole di piccoli e grandi problemi, il suo vivere non sarà stato vano. E potrà sorridere anche in fondo al suo percorso. In qualche modo si è donato ed ha trasformato il suo essere, il bene ed il male incontrato, le sue ferite ed i suoi dolori, in un gesto d'Amore per qualcun altro.

Così i giorni ricevuti in dono, sono divenuti a loro volta doni per qualcun altro. Il tempo ha acquistato un senso profondo. Non è più tempo speso a caso, sperperando minuti ed ore preziosi che non tornano più indietro. E' tempo ricevuto dall'Amore e ridonato all'Amore. Chiudendo il cerchio fra il Cielo e la Terra.

5 commenti:

  1. In questa tua riflessione, trovo appropriato affiancare un passo biblico di grande significato:

    "Insegnaci a contare i nostri giorni
    e giungeremo alla sapienza del cuore". (Salmo 90(89):12)

    Lasciamo che ogni giorno, ogni attimo, ogni istante della nostra esistenza, acquisti significato, e contribuisca a renderci persone ricche di sapienza e intendimento.
    In tal caso, quantunque vivessimo per un tempo breve, avremo lasciato il profumo, il ricordo, della nostra esistenza.

    Charl

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  2. Le tue parole mi parlano sempre...
    Faticare senza sapere nemmeno perché, aver faticato una vita e poi... non riconoscersi più, ritrovarsi con le mani completamente vuote, senza niente da poter donare... nemmeno a se stessi...
    A chi donerò il mio niente? Poi, guardo una croce e mi dico che c'è Uno che può riceverlo... è la mia unica speranza nel buio.

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  3. @Charl: già, sono d'sccordissimo con te, e snche se vivessimo a lungo, sarà lo stesso! :)

    @Elenmire: è la Speranza! Essa spunta, talvolta, solo quando le altre speranze se sono andate. E' la Speranza che resiste, che è Sempre Viva, Sempre Presente, Sempre Vedente, Sempre Ascoltante!

    Sono felicissimo che le mie parole ti trasmettano qualcosa di bello! :)

    Scoprire che Gesù è morto per noi, in croce, stravolge il senso della nostra esistenza: essa assume una nuova consapevolezza! Scoprire che Gesù ci accoglie sempre, sempre, sempre! Fantastico! ehehehe

    Le tue parole mi riempiono il cuore di gioia! Grazie Elenmire! :) notte...

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  4. Post molto profondo e su cui riflettere. Riflettere davvero.

    Mi dispiace per le sensazioni negative, per i brividi. Ma credimi, è la vita. E' fatta anche di questo.

    Melania

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  5. Si si è vero. Hai perfettamente ragione te. Il post è molto bello, scrivi molto bene. Ma talmente era scritto bene che su quel sedile di quella macchina quasi mi ci sono sentito io e ho avuto davvero qualche brivido freddo. Perchè so che la vita è dura, durissima a volte e che davvero ti guarda in faccia e a volte chiede il sangue, senza fare sconti. Ma a volte non riesco bene a farmene una ragione e non voglio arrendermi, nonostante le difficoltà, a godere di quel che di bello si può godere e a vivere una vita, nei limiti del possibile, piena. Sono convinto che ancora i tuoi giorni possano donarti altri bei momenti. Magari diversi dai precedenti, ma altrettanto belli. Anche se non ci conosciamo, sento che sei una donna in gamba e ti sono vicino.

    Grazie per passare spesso a trovarmi dal mio blog. :) un abbraccione...

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