Elton George Mayo e le sue teorie organizzative |
Australiano di nascita (1880/1949), americano di adozione, Mayo insegna in varieuniversità tra cui la Harvard Graduate School of Business Administration. Inizia ad occuparsi di motivazione al lavoro e fa ricerche empiriche presso grandi aziende americane.
In particolare, alla Hawthorne dell’Illinois, sostiene, di fronte ai dirigenti che si sarebbe potuta aumentare la produttività cambiando il contesto produttivo con schemi organizzativi diversi. Non basta incrementare la logica di Taylor per aumentare la produttività. Anzi, questa logica, a lungo andare, determina un abbassamento della produttività perché si crea un abbassamento della motivazione al lavoro.
Gli esperimenti di Mayo si basano sulla logica di “attrezzare” un locale “sperimentale”alternativo al rimanente reparto e modificare, di volta in volta, le varie condizioni produttive (durata e frequenza degli intervalli di riposo; libertà degli operai di auto-organizzare il proprio lavoro giornaliero; libertà degli operai di costituire propri team di lavoro senza coercizioni gerarchiche).
Mayo chiede che gli vengano messi a disposizione due reparti produttivi, chiamiamoli reparto A e reparto B (per esempio reparti di stampaggio della lamiera) che adottano tecnologia simile e quindi con problemi tecnici simili. Nel reparto A, Mayo chiede di implementare dei cambiamenti del contesto produttivo mentre nel reparto B le condizioni produttive restano le stesse. Il reparto A è il campione di controllo quindi tutti i cambiamenti di produttività che ne derivano sono collegati ai cambiamenti imposti dall’esterno. Ovviamente si fanno dei cambiamenti puntuali, uno alla volta, e si aspetta un certo periodo di tempo per verificare se questo cambiamento ha indotto un modo diverso di organizzarsi degli operai e un aumento della produttività.
Per esempio, se viene aumentata la luminosità di un reparto, il cambiamento nella produttività non è immediato ma c’è bisogno di un tempo per un adattamento anche cognitivo degli operai. Un reparto più riscaldato di un altro potrebbe aumentare la produttività anche se è necessario aspettare l’adattamento dell’operaio al diverso contesto, presumibilmente migliore. Nel rapporto con i superiori, si permette agli operai di un reparto di comunicare con i superiori (cosa che prima, di fatto, non avveniva).
Cambiando una variabile alla volta, Elton Mayo si accorge che la produttività individuale e di gruppo diviene superiore nel reparto sperimentale rispetto all’altro reparto.
Viene quindi scientificamente dimostrato, sulla base di esperimenti, che la produttività non dipende da una logica tayloristica, ma dipende dalla creazione di condizioni di contesto produttivo che inducono l’aumento del livello motivazionale dei dipendenti.
Mayo si accorge che nelle grandi aziende, dove ci sono centinaia di dipendenti, la produttività non è solo un fatto individuale ma diventa espressione di gruppi di operai, di team di persone che informalmente si aggregano.
Per la prima volta nella storia del pensiero organizzativo, Mayo sostiene che la produttività, più che determinata dall’individuo, è determinata dal gruppo di lavoratori. In un ambiente di lavoro alienato, disumanizzato, come quello tayloristico, cosa fanno gli operai? Sentono il bisogno diaggregarsi, di socializzare, anche per compensare il senso di alienazione che ricevono dal lavoro. Si creano quindi questi gruppi informali in quanto non previsti dalla gerarchia aziendale ma costituiti da persone che si uniscono tra loro in quanto caratterizzate da elevate affinità, stessi valori, stessa età. Gli operai tendono infatti ad organizzarsi in “gruppi” informali, rispetto a quelli formali previsti dalla gerarchia, sulla base di affinità e processi relazionali spontanei: "gli operai si riuniscono in gruppi informali per colmare il vuoto della loro esistenza, con il loro desiderio della collaborazione e cameratismo". Questi gruppi informali sono decisivi ai fini della produttività. Mayo sostiene che, se la gerarchia aziendale volesse creare in maniera coercitiva i gruppi, scegliendo operai da mettere insieme per certe mansioni, in un'ottica funzionalista, non si otterrebbero buoni risultati perché tra queste persone non esistono legami e affinità ma, anzi, è possibile denotare contrapposizione. Mayo sostiene di lasciar libere le fabbriche affinché si crei auto-organizzazione
da parte degli operai.
Si tende in questo modo a far creare agli operai le loro squadre. Solo successivamente la direzione potrà affidare a tali squadre dei compiti specifici. La direzione aziendale ha potere a condizione che il gruppo informale la accetti senza riserve, legittimandone l’autorità. Tutto ciò aumenta laproduttività. Il gruppo, infatti, è un’entità sociale e organizzativa fondamentale per elevare la produttività aziendale. In un ambiente di lavoro alienato gli operai si integrano e nascono i gruppi informali con le loro norme, obblighi, routines, riti.
Mayo notò che, in alcuni casi, i gruppi stabilivano che era equo raggiungere una certa produttività, scegliendo per esempio di lavorare più intensamente al mattino in modo da faticare un po’ meno nelle ore pomeridiane. Questa auto-organizzazione era rispettata da tutti, non veniva sentita in maniera coercitiva e proprio per questo la produttività aumentava: “un gruppo di lavoro nel suo insieme fissava praticamente la produttività dei singoli operai richiamandosi ad una norma prefissata, ma mai chiaramente definita, corrispondente all’idea che il gruppo si faceva dell’ "equo lavoro di una giornata".
La motivazione e la soddisfazione degli operai non dipendeva quindi esclusivamente dalla entità monetaria corrisposta. Non è il solo salario che motiva gli operai ma anche altri strumenti organizzativi che abbiamo visto.
Per esempio, la presenza di asili nido nelle aziende permette di aumentare la motivazione delle giovani madri che si sentono più tranquille e possono stare con i lorofigli durante la pausa e andare da loro se c’è necessità. Creare questi asili è tuttavia uncosto in quanto la loro realizzazione rappresenta un elevato investimento non solo filantropico ma anche economico.La direzione deve sollevare il morale e l’efficienza con strumenti di fiducia, di delega,di sanzioni positive e non solo negative, come succedeva con Taylor e il salario acottimo. La motivazione e la soddisfazione degli operai non dipende esclusivamente dall’entità monetaria corrisposta ma anche da premi e incentivi come fiducia, delega ecoinvolgimento degli operai: se la direzione non vede gli operai come “braccia” ma come esseri umani, con propri sentimenti, e li coinvolge, li rispetta e li motiva nell’attività manifatturiera, la produttività sale.
tratto da "La scuola delle relazioni umane"
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