8 febbraio 2010

Alzai la testa e vidi sopra di me la montagna


Alzai la testa e vidi sopra di me la montagna, la più alta montagna che io avessi mai visto. Non si vedeva nemmeno la cima da quanto era alta perché le nuvole non lasciavano vedere oltre la propria fitta coltre grigia.

Non era la prima volta che mi trovavo sotto un’alta montagna. Ero abituato a quella vista e la guardai osservandola attentamente ma sapevo già da principio che ce l’avrei fatta. Nei miei occhi si leggeva un certo timore, ma nella bocca si delineava un certo sorriso, un sorriso quasi stupido, un sorriso insolito per uno che si trova in quella posizione. La montagna infatti mi guardava dall’alto della sua statura, in silenzio, senza dirmi niente, attendeva solo i miei passi per vedere se ce l’avrei fatta oppure no.

L’attesa della montagna era l’attesa del grande guerriero, del guerriero saggio che sa attendere il momento buono per sferrare il colpo decisivo all’avversario. La montagna mi attendeva. Lei era pronta.

Continuavo a guardarla, a scrutarla negli occhi se avesse avuto occhi. I suoi fianchi erano discretamente ripidi, sassosi in alcuni punti e folti di vegetazione in altri. Non si capiva bene quale fosse il versante più facile da scalare, e se veramente quella montagna avesse versanti più amichevoli di altri. Da quella posizione sembrava non lasciare quasi speranze di una riuscita dell’impresa. Ma non c’era da aver paura. Dalle esperienze passate avevo appreso quanto la paura può bloccare il cervello, la nostra mente si offusca a causa della paura fino a non riuscire a fare le cose più semplici a cominciare da un sorriso. Stavolta non dovevo cadere in quell’imbroglio, nel tranello che la Paura ti pone sempre dinanzi per farti cadere, per lasciarti andare nel Buio, per farti entrare nella Non Speranza presentandoti davanti la cattiva Disperazione. Ma aveva imparato la lezione: Disperazione l’aveva vista talvolta e non doveva parlare con lei perché era solamente cattiva ed era puro Male; Paura non aiutava affatto, anzi mi deviava verso sentieri che sembravano portare in alto ma che poi, facendo un lungo giro, riconducevano a terra, nello stesso punto di prima facendomi perdere solo prezioso Tempo.

Qual era quindi il giusto modo di sfidare quell’ostacolo? Affrontarlo a testa alta, come fanno i guerrieri. Perché se la montagna ti guarda da guerriero e ti aspetta da guerriero, non si può che sfidarla da guerriero, nella semplicità del guerriero, fiero e sicuro ma attento, desideroso della sua vittoria sul nemico. Aveva scalato altre montagne e anche se si portava appresso la stanchezza della fatica del cammino, era pronto per affrontarne una nuova, forse più grossa. E’ così che accade a chiunque mette sempre alla prova se stesso ponendosi in una condizione di insicurezza la quale però lo esorta continuamente a dare il massimo nella totalità del suo essere. Se uno mettendosi alla prova si lascia andare, finisce col perdere la sfida. Quel fiume allora lo travolgerà e sarà perduto. Ma se invece con tutte le sue forze quel tale riesce a stare aggrappato ad una ramo anche quando la corrente è molto forte, allora la salvezza è vicina. Può raggiungere la terra.

Guardavo la montagna e pensavo che solo da questo si riconosce un uomo, cioè dal modo in cui scala la montagna. Perché nella vita tutti sono chiamati a scalare montagne, ognuno a suo modo. Qualcuno forse certe montagne se le sceglie, ma certamente altre montagne da scalare gli si opporranno davanti quando meno se lo aspetta. E in quel momento e solo in quel momento, un uomo scopre quanto è maturo e quanto è pronto ad affrontare il problema che gli si è fatto dinanzi. C’è chi scappa subito e costui è un uomo perso, e vive all’interno di un ciclo perché se oggi scappi dinanzi ad un problema, certamente un giorno questo ti si ripresenterà; se continuerai a scappare allora ti accorgerai del ciclo e capirai che potrai interrompere tale processo solo affrontando il problema.

Non è importante tanto quello che fai, spesso è importante come lo fai. Come ti poni davanti ai problemi, come guardi quel bicchiere d’acqua mezzo pieno o mezzo vuoto, come ti senti davanti ad una montagna e come ti imposti interiormente di fronte ad essa per affrontare la sfida.

Ero là, dinanzi a quell’ammasso altissimo di terra, che soltanto terra in fin dei conti era, e riflettevo sulla vita e su come mi stavo ponendo nei suoi confronti. Da ingenuo pensavo e credevo che la vita fosse facile. Mi sbagliavo, e quando me ne accorsi a mie spese ne assaporai l’amarezza mordendo quei cattivi bocconi perché non potevo sputarli. Per un po’ di tempo mi rimase uno strano retrogusto amaro, un retrogusto che non mi piaceva e mi lamentavo di quei bocconi che dovetti mangiare. Per questo i miei occhi, di fronte a quella vista, non erano del tutto sereni. Adesso però mi trovavo là, ancora una volta di fronte ad una nuova montagna, una nuova sfida. Adesso però era nata una nuova consapevolezza in me, forse più matura della precedente. Forse, addirittura, mi sentivo più forte di prima avendo appreso che le mie forze sono misere dinanzi a tutto quello che può capitare, ma avendo dentro al cuore la Speranza e la Forza di affrontare tutto quello che sarebbe giunto sulla mia strada. E per questo quello strano sorriso si stampò sul mio volto e non lo lasciò per tutto il cammino, fino a quando raggiunsi la cima della montagna.

Così, per raggiungere la cima, adottai un trucco appreso in tempi passati.

Abbassai la testa e non guardai nient’altro se non la strada e i sassi che la componevano a partire dai miei piedi fino ad un metro di distanza. Riducendo la vista delle cose, era come ridurre il problema ad un insieme di piccoli problemi più facilmente risolvibili. Del resto lo Spavento dovuto all’enorme altezza della montagna, decisamente sproporzionato rispetto alle mie pochissime forze, era tale che altre volte, di fronte ad altre montagne, tutte le mie forze se ne erano andate via abbandonandomi totalmente al mio destino; sprecavo troppe forze dal punto di visto emotivo e non mi restavano energie da impiegare nella risalita pratica. Invece abbassando lo sguardo e concentrandomi solo sui piccoli passi che dovevo compiere giorno dopo giorno, era decisamente più facile arrivare in cima. Lo Spavento se ne andava e di pari passo cresceva la Sicurezza nei miei mezzi. Mi accorgevo infatti che sapevo affrontare bene ogni giorno quelle salite e imparai che salita dopo salita non si poteva che giungere alla vetta.
Ero pronto dunque. Potevo alzare gli occhi in alto e sfidare la montagna. “Sto arrivando bella, sto arrivando!” dicevo alla vetta della montagna.

Ecco il perché di quel sorriso. Già da principio sapevo che sarei arrivato in cima, anche se di certo non sapevo bene come.

Da un testo dell'eploratore Bakug

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