26 febbraio 2021

Chissà se ci ridà indietro le vite che abbiamo in sospeso (il Padrone della festa) - quella Terra che sembrava ormai perduta

Ecco l'invito per la festa.

Bisogna sempre parlare col Padrone della festa, quando ci dà udienza.

D'altra parte è indaffarato, passa fra i tavoli, vorrebbe che tutto fosse perfetto per tutti i suoi ospiti che aspettava da tempo, e quando li ha lì, nel suo Giardino, cerca di dividersi fra tutti quanti, senza riuscirci mai, riuscendo solo a scontentare un po tutti - a momenti -  e a non accontentare nessuno - quasi sempre.

E' l'emozione che gioca brutti scherzi, pegno da pagare e dimostrazione della sincerità dei propri gesti - formali ma non di formalità - moneta di grande valore accettata, ancor più se a pagare così è il Padrone della festa ai suoi invitati - e non il contrario come vorrebbe la normalità delle cose - dimostrando l'emozione dell'Amore tanto atteso, l'emozione dell'amato all'amata, l'emozione della Verità.

L'invito alla festa è per tutti - quantomeno tutti se lo ritrovano sgualcito dentro ad una tasca a loro insaputa, affidatogli alla consegna dell'abito - ma non tutti mettono le mani in tasca alla ricerca di ciò che esse inaspettatamente contengono, e dunque alla fine in pochi si presentano davanti al cancello la sera della festa, quando è tutto pronto ed il banchetto aspetta solo i conviviali.

E dunque, si ritrovano in pochi al Banchetto - solo i veri affamati di Vita si trovano là - tutti quelli che hanno fame e sete di giustizia, con l'invito in mano, mezzo rotto e mezzo distrutto, ma ancora leggibile -  dimostrabile quella fame, stampata negli occhi che non possono ingannare e nei volti stanchi - hanno fra le loro mani già tutto quello che serve per essere serviti e riveriti, per essere finalmente sfamati. Quell'invito.

E' una promessa, soltanto una promessa, una di quelle promesse che lascia la pancia "in dolce attesa" - in quella primavera dell'Anima - e dà energie a braccia e muscoli per potersi muovere anche quando sembra che non ce ne siano davvero più, quando sembra che non si riesca più a muovere un dito e a tessere trame - trame spazzate via dal Vento - per far posto ad altre trame - no nproprie - sconosciute  e misteriose ma trame benvenute che conducono alla festa.

Un invito senza data e senza orario, esistente dal "tempo senza tempo" fissato "per quando il Padrone decide che sia" - un appello senza sconti e senza possibili appelli - eppur giunti da strade diverse si ritrovano là, condotti da una mano ignota - che sembra a loro conosciuta - e da note ascoltate che sembrano sapute - per quanto in realtà fossero loro ignote - sentite tra le foglie degli alberi e nell'erba dei prati verdi. 

In quell'istante, alcuni, nella testa sentirono - nel bosco o in città che fossero - quel che non sapevano da dove provenisse e, senza sbattere più ciglio né aver alcun dubbio nel cuore, ubbidirono placidamente a quel richiamo d'Infinito che li chiamava da lontano. 

Seguirono quel suono sentito dentro al cuore, quel vento che batteva sulla fronte, quel fuoco che bruciava nella pancia, quell'energia improvvisa nelle loro braccia che arrivò per portare, attraversare valli, risalire fiumi fino alla sorgente, rompere mura tanto alte e robuste, costruire strade dove non ve ne erano e là dove si era chiuso ogni accesso lasciare adesso un passaggio, che arrivò per condurre a quel cancello sul Giardino, l'ingresso che dava accesso al Banchetto, da sempre pronto.

E con passi sicuri e forti, di una fortezza mai avuta - privi del solito tremore delle gambe incerte ormai d'abitudine - attraversarono quel cancello, mostrando l'invito - tenuto fra le mani e scolpito nel volto - inchinandosi al Padrone, che sorrise inchinandosi a sua volta, e che, guardandoli col suo sguardo rasserenante e piacevolmente stupito, fece cenno di avvicinarsi.

"Accomodatevi", disse loro. "Vi stavo aspettando".

E gli fu riconsegnato, in quel giorno senza tempo, quel che già era loro fin dall'inizio dei tempi, la loro Terra.

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Di Lei ricordi soltanto il vestito bianco e trasparente
Hai perso per strada il rossore e il sorriso, di chi fa finta di niente
Chissà se qualcuno ha raccolto quei baci mai dati
I gesti invisibili come bottoni smarriti
Di Sara ricordi soltanto il vestito bianco e trasparente
Hai perso per strada il rossore e il sorriso, di chi fa finta di niente
Chissà se qualcuno ha raccolto quell'attimo in cui le impazziva il cuore
Ci vuole fortuna, magia, un prestigiatore
Io spero che esista anche un Dio delle piccole cose
Che sappia i silenzi mai diventati parole
Che sappia i gradini di pietra, l'estati scoscese

Quel nome che hai proprio lì sulla lingua e non viene
Dio mostrale passi di danza che aveva sbagliato
Conserva le foto in cui s'era trovata per caso
Raccogli le briciole perse di ogni esistenza
I respiri sui vetri, di treni in partenza
Chissà se qualcuno sa dire i cognomi dei suoi compagni di scuola
Poesie che non è mai riuscita a imparare a memoria
Se ha letto i romanzi che poi non abbiamo finito
Le voglie che non sono più diventate peccato
Se sa le preghiere fantasmi di noi da bambini
O dov'è che finiscono chiavi e orecchini
Il Dio delle piccole cose aspetta la fine del cammino
Con un sacco sgualcito dal tempo ed un piccolo inchino
Chissà se ci ridà indietro le vite che abbiamo in sospeso
Io credo sia questo l'inferno e il paradiso

Fabi Silvestri Gazzè – Il Padrone della festa – Il dio delle piccole cose




Io credo che esista, quel Dio delle piccole cose.

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