La terra, casa nostra. |
Ho guardato le mie mani e ho visto improvvisamente le mani di mio nonno e la terra che lui lavorava e da cui provengo.
Quella terra dura e secca che mi scorre nelle vene come il sangue rosso del vino delle vigne della terra di casa mia.
E le mani di mio nonno stanche, ma contento di sentire l'odore della terra alla sera fra le unghie, sono - dentro le mie - sono segno del lavoro e della fatica degno per mangiare delnpane ed offrirlo alla sua famiglia
Sogno di un giovane la cui speranza era il frumento ed il maiale da amazzare, che mangiarlo era una festa per tutta la famiglia, che era tutto il paese, che era tutta casa sua, che è casa mia, che è tutto quello che il mio cuore cerca e spera e anela e chiede e brama. Di tornare.
La casa, da cui provengo, la casa dove sono diretto, la casa dove già dormo dove già dorme il mio cuore assieme al suo, senza ancora saperlo, senza ancora averlo scoperto ma dove si sente già lo stesso identico vino color del sangue, lo stesso vino da bere del color del nostro rosso sangue. E il cuore brama, di tornare.
Di tornare a quel paesino sperduto in mezzo a valli che sembrano il paradiso sullo terra - che sono il paradiso stesso dove non c'è distinzione più fra Cielo e Terra tanto che i confini tra i due sembrano nulli, inesistenti, annullati. Di due realtà - una che tutti vedono e l'altra vista solo da alcuni - se ne fa una soltanto, una "realtà viva" visibile e tangibile a tutti, dove tutti sentono il profumo dell'aldilà già da di qua, già lo vivono, già lo mangiano, già lo sentono, già lo odorano e comprendono la fortuna di averlo intuito e di averlo vissuto anche solo per qualche "istante", infinito.
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