11 giugno 2020

Volevo fare un bel viaggio, uno di quelli che ti rimane nell'Anima, e sono stato accontentato

Ci sono viaggi che si compiono, senza muoversi da casa.

Quest'anno mi ero detto faro uno di quei viaggi epici quelli che ti fanno pensare che ti mettono alla prova fisicamente psicologicamente moralmente e spiritualmente.

Uno di quei viaggi avventurosi e rigeneranti che ti annientano fisicamente e che rimettono in moto potentemente la macchina del pensiero assopita confrontandosi con nuove civiltà nuove usanze nuovi stili di vita.

Ed ecco che improvvisamente mi ritrovo a fare questo viaggio che chiede tutto di me. Chiede di diventare paziente quando sono notoriamente (per chi mi conosce) un tipo da "tutto e subito".

Chiede di diventare ordinato quando vivo nel disordine completo come fossi perennemente in campeggio con me stesso, e ci sto benissimo così.

Chiede di vivere bene con me stesso quando non piacendomi cerco sempre di evadere da me stesso scacciando via i miei pensieri e le mie risposte alle mie domande, per accettare - e successivamente rimanerne non pienamente contento - le risposte degli altri, che le proclamano a pieni polmoni come se fossero sempre scoperte delle Americhe , offendendo chiunque voglia minimamente metterle in discussione.

Chiede di rilassarsi e di riappacificarmi con me stesso, quando continuamente mi agito e mi arrabbio dentro di me per pensieri brutti che mi attraversano l'anima.

Chiede di capire che i soldi, nei viaggi, non sono tutto. Quello che conta davvero in un viaggio sono le sensazioni che i viaggi lasciano.

Non le comodità degli hotel a 5 stelle (per l'amor di dio, ci si sta bene eh ...) con i camerieri che ti controllano continuamente (che fastidio) per vedere se ti manca il vino nel bicchiere e versartelo o se ti manca qualcosa al tavolo (sì, qualcosa mi manca, mi manca che smetti di fissarmi mentre mangio...): segugi che obbediscono ad un padrone che non risponde alla gentilezza autentica o a cose fatte di buon cuore, gentilezze prive di vera bontà - a meno di qualche cameriere che svolge il suo mestiere con autentica passione per gli ospiti di turno, meritevoli di mancia.

Ma il divertimento la libertà e l'aria buona di un campeggio, la compagnia di gente conosciuta per caso con una chitarra un piatto di pasta e qualche bicchiere di vino... la possibilità di un'amicizia nata per caso e resistente al tempo, agli inverni e e alla vita normale, alle separazioni di coppie e ai figli nati in quell'estate. Questo piacere, da cosa può essere superato? Questo senso di pace e di libertà profonda, questo senso di fratellanza semplice, accompagnato dal rumore del mare e dal piccolo vento della pineta, e dal sonno che arriva a dirci "abbracciami e baciami, ti prego", ha tutto il valore di un'estate che non si scorderà facilmente, di quelle estati che ricorderai per sempre.

Il viaggio di quest'anno, estremo, come quello che pensavo di fare,  chiede la determinazione e la costanza di un maratoneta, anche a chi ha al massimo la costanza di un battito di ciglia, chiede la fermezza della testa a chi ha la testa pieni di fantasmi che lo tormentano, sentendosi colpevole di colpe millenarie e di scelte sbagliate (chissà se lo sono davvero) ma ormai di tempi antichi, di cui ancora crede di scontare una pena, che sembra eterna.

Il viaggio nella testa è come un safari, pieno di bestie da affrontare, la cui bestia principale da domare, siamo proprio noi stessi, indomesticabili ma domati da un nemico invisibile quanto cattivo, quasi fosse un "temibile virus".


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