E' rimasto solo un fiore |
La terra che si sposta sotto i piedi, e si apre una voragine proprio sotto di te.
Alcune Sentinelle ne stavano parlando, li avevo sentiti tra un discorso e l'altro ma quando mi incontravano per strada smettevano sempre di borbottare, abbassavano la testa e io rimanevo sempre fuori da quei discorsi, anche se già li avevo intuiti, un po' per il loro rispetto e bontà e un po' per volontà mia di non sapere, di non voler sapere, di non voler capire, di non voler vedere.
Ma avevo capito che stavano parlando del fatto che la città sarebbe crollata, che qualcosa stava accadendo, anche se si trattava solo di ipotesi, chiacchiericci, difficoltà che tutte le città hanno, bene o male.
Poi arrivò il giorno inaspettato, quasi da copione, il giorno che non ti aspetti, che spazza via tutte le tue certezze e le tue sicurezze, arriva di notte quando non sei pronto a trovare soluzioni che non ci sono a problemi irrisolti che esistono da un po'.
Come quando vedi delle crepe nel muro e fai finta di niente e dici "quel muro è molti anni che sta in piedi, non dovrebbe essere niente di grave" ed invece, inaspettatamente - ma per altri aspettatamente - un bel giorno viene giù.
E viene giù tutto, tutto quanto, non solo mattoni e polvere, non solo calcina e legna, vengono giù tutti i sogni e tutti i desideri che stavano prendendo forma - la stessa forma dei mattoni di argilla -, le decisioni portate avanti con coraggio - che tenevano saldi i mattoni fra di loro -, i momenti passati insieme all'interno delle mura e anche quelli fuori dalle mura.
Fu un terremoto tremendo quello che capitò in quell'inverno, divenendo ancor più freddo di quanto già non fosse.
Un vero e proprio disastro, venne giù tutto quanto.
Le persone scappavano in tutte le direzioni, urlavano, si disperavano, e sembrava non esserci più nessuna speranza in quella città. Anzi, a guardar bene, quasi non esisteva più nemmeno la città, divenuto ormai un ammasso di detriti, distruzione, smarrimento, senso di abbandono, vuoto interiore. Assenza di fame, assenza di volontà di fare le cose, assenza di se stessi, assenza, tremenda assenza di vita.
Chissà quando ormai quei vuoti sarebbero stati riempiti e in chissà quanto tempo si sarebbe potuto ricostruire qualcosa.
La risposta era "forse mai più", una città in questa modo, così bella, così accogliente, così "casa" forse non si sarebbe più potuta costruita, con tutte quelle caratteristiche tipiche di quelle zone che tanto rispecchiavano i propri concittadini.
Chissà, forse, con l'aiuto di qualche forestiero, la città sarebbe cambiata e sarebbe potuta essere ricostruita, ma chissà quando, chissà con l'aiuto di chi, chissà con quanti sforzi e fatica, chissà. Perché di certezze non ce n'era nemmeno l'ombra, perché anche per fare un'ombra occorre il sole e la nebbia che si era alzata, fittissima, fatta da detriti e polvere era talmente alta che nemmeno il sole si vedeva più, e non c'era in quel momento spazio alcuno per speranze, futuro, o chissà.
C'era solo un "chissà", rimasto solo, davanti a quelle macerie e alla polvere.
Non doveva succedere.
Non doveva succedere.
Non doveva succedere.
E ora?
E' rimasto solo un fiore, sopravvissuto. Che da lontano mi guarda, ed è già parte della stessa storia che continua.
Nessun commento:
Posta un commento